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Il Napoli sembra “sfutteme sfutteme”

Invece di attraversare i momenti critici con la massima discrezione possibile, il Napoli fa di tutto per attirare su di sé l’attenzione e il sarcasmo

Il Napoli sembra “sfutteme sfutteme”
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È dura trattenersi dopo aver letto il comunicato del Napoli con cui la società annuncia l’introduzione di cene di confronto, “incontri serali a cena per aprirsi maggiormente su eventuali criticità, problematiche, incomprensioni, qualità di gioco, tutto per massimizzare l’eccellente qualità dei nostri calciatori dimostrata nella prima parte della stagione”. Cene che sostituiscono il ritiro per mancanza di alberghi dove poter effettuare il ritiro. Parlare di “oggi le comiche” sarebbe oltraggioso per un genere cinematografico di altissimo profilo.

Come abbiamo scritto, quel che ci colpisce è l’estraneità del Napoli al profilo basso. Napoli è già geneticamente una città che viene raccontata sempre all’eccesso. La vita reale poi, in realtà, è assai più monotona e sfibrante. Basti pensare alle attese di 15 minuti (quando va bene) per la metropolitana, all’impossibilità di andare e soprattutto lasciare lo stadi con mezzi pubblici, senza qui deprimerci ulteriormente affrontando le evidenze drammatiche della sanità.

Ma nella narrazione Napoli è sempre sopra le righe.

Ecco il Napoli è così. Un giorno è in lotta per lo scudetto e dieci minuti dopo sprofonda in una crisi che viene gestita con il tatto e la sensibilità di un brontosauro (ammesso che i poveri brontosauri non ne avessero). Innanzitutto il ritiro che è un rito calcistico primitivo, antidiluviano. Poi il ritiro annunciato due volte, con due comunicati a breve distanza tra di loro: prima deciso dalla società, poi dall’allenatore. E stamattina il comunicato sugli incontri serali che ovviamente vellica il sarcasmo di chiunque abiti una redazione. Senza dimenticare che Napoli è stata protagonista di un evento unico nella storia del calcio: l’ammutinamento. E Napoli impazzisce per gli eventi unici, straordinari, vende continuamente l’anima al diavolo per raggiungere questi invidiabili primati.

È quasi come se il Napoli lo facesse apposta. A Napoli si dice “me pare sfutteme sfutteme”. Ecco, a volte il Napoli sembra “sfutteme sfutteme”. Non che i confronti siano disdicevoli. Ma che bisogno c’è di annunciarli come se fosse un trailer di un film di Lars von Trier?

Noi pensiamo che l’abilità di un’azienda, di un gruppo di lavoro, stia nel non enfatizzare (almeno all’esterno) i momenti di criticità, nell’attraversarli facendo il minimo rumore possibile. Il Napoli, invece, sembra quasi che provi soddisfazione nel generare situazioni che attirino l’attenzione. Come se l’obiettivo sia quello di finire sotto i riflettori purché sia.

È nella capacità di attraversare i momenti di difficoltà che si misura una persona, uno sportivo, un’azienda. Il saper incassare è una dote fondamentale per un pugile. Se non sai incassare, puoi essere anche Mike Tyson ma al primo cazzotto ben assestato finirai al tappeto.

Il Napoli non sa incassare. Non ha la qualità di attraversare le tempeste senza farsi notare. Al contrario, ha la capacità di trasformare un bicchiere d’acqua in una tempesta in cui gli altri possano sguazzare.

Non ci si può nemmeno difendere richiamando il processo di distruzione creativa caro a Schumpeter. Perché in quel caso è un concetto associato alla trasformazione, alla distruzione della struttura economica in nome di una nuova. Perché al Napoli, in realtà, è sempre la stessa.

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