La squadra di Radice. Fu bella quell’onda granata. Il giaguaro Castellini in porta, Pecci piedone sapiente, Claudio Sala poeta del gol
Ventisett’anni dopo Superga, s’illuminò il cielo a Torino sul versante del cuore. La passione, la grinta, l’andatura di una formazione affiatata. Una valanga d’amore e furore, il tremendismo granata. Sergente di ferro Gigi Radice, l’allenatore di Cesano Maderno dal viso scolpito nel marmo.
Tra i pali, un portiere esaltante, il giaguaro volante Castellini Luciano. Una coppia centrale svettante di guerrieri oltre il metro e ottanta: Mozzini stopper mantovano, Caporale battitore libero friulano. Nello Santin terzino incalzante, Salvadori il fluidificante.
A centrocampo una consorteria di palleggiatori e cursori. Zaccarelli marchigiano elegante di Ancona, puledro di classe genuina, fisico da passerella, baffetti sottili; Patrizio Sala ventenne monzese.
Claudio Sala di Macherio, determinato, serio, di fantasia concreta. Il poeta del gol. L’estro assistito dalla virtù d’essere ambidestro. Di presenza imponente e costante, muoveva il gioco, lo rendeva brillante. Mezz’ala universale e regista totale.
Eraldo Pecci, il piedone sapiente, un piccoletto geniale, romagnolo di carattere allegro. Il Torino lo sottrasse al Bologna per ottocento milioni. I fianchi da balia, sorretti dai cappelletti della mamma a Cattolica. Quarantaquattro di piede e una gran testa pensante. Aperto alla vita, al piacere. Da primattore, al Toro dette muscoli e cuore.
All’attacco il tandem d’ogni difesa massacrata. Il ciclone del gol e il suo gemello pirata.
Puliciclone, la definizione partorita anni prima dal colbacco di Gustavo Giagnoni: Paolino Pulici, il gladiatore, non pensava, quando gli arrivava la palla calciava. Potente, aggressivo, magnifico acrobata. Le sue contorsioni sorprendevano i più attenti guardiani.
Di stirpe sabina Ciccio Graziani. Di Subiaco, il paese in collina della Lollobrigida Gina. Figlio di un imbianchino. Attaccante di slancio, mai egoista apriva la pista ai compagni. Stempiato prima del tempo.
Puliciclone e Graziani, più di duecento le reti segnate, scampagnate selvagge nelle aree avversarie. Una coppia mai doma. La Maratona ne invocava le gesta.
Bella fu quell’onda granata. Il Torino campione d’Italia. Una gran mareggiata. S’era a metà degli anni Settanta. Il sole, a Superga, illuminò la collina degli Invincibili. Giù il tricolore e la festa, nel cuore di ognuno il ricordo di capitan Valentino, della leggenda granata, dello squadrone di Loik e Mazzola, Ballarin e Maroso, Castigliano e Grezar. Scese la sera, fu primavera a Torino.