Non è un caso che la riforma arrivi ora: il “ricatto” della Superlega europea ha funzionato. I bilanci in ordine non saranno più un paletto
I più attenti videro la rivoluzione agli albori, già a maggio 2020. Ceferin, il capo dell’Uefa, prese la palla Covid al balzo giocando d’anticipo sul dramma della pandemia: basta Fair Play Finanziario, non funziona, cambiamo. Quei paletti finanziari che – molto teoricamente – dovevano bonificare le enorme differenze economiche tra club cercando di proiettare il calcio europeo verso una dimensione di pari opportunità di partenza, stanno naufragando in queste ore. Sta venendo giù tutto. La leva, è appunto, il Covid. Ma è una questione politica, che avrà conseguenze sportive enormi. In soldoni: i club più ricchi potranno essere liberi di spendere a piacimento, più di quanto non facciano già. Modificando alla lunga gli assetti di potere e la geografia del calcio europeo.
Il Guardian ha spiegato ieri che la norma chiave dell’FFP, quella sul break-even, è stata dichiarata «senza utilità» dalla Uefa stessa. Andrea Traverso, direttore della ricerca e stabilità finanziaria per conto della Uefa, intervenendo ad un incontro tra con i funzionari dell’Ue, ha dichiarato:
«Il Covid 19 ha generato una crisi dei ricavi e ha avuto un grande impatto sulla liquidità dei club. Questa è una crisi molto diversa da qualsiasi cosa abbiamo dovuto affrontare prima. In una situazione del genere ovviamente i club stanno lottando; hanno difficoltà a rispettare i loro obblighi»
L’Uefa ha avviato le consultazioni per giungere a una riforma del FFP: Traverso che ha affermato di aspettarsi un processo «accelerato ma attento» da completare entro la fine dell’anno. L’idea di fondo è che le nuove regole dovrebbero concentrarsi sul livello degli stipendi dei club e sulle cifre spese sul mercato dei trasferimenti, e non più sul pareggio di bilancio.
Club come il City e il Psg, pur finiti sotto processo per ricavi fittizi realizzati grazie a sponsorizzazioni di comodo elargite dagli azionisti, hanno aggirato regole e sanzioni, almeno quelle più pesanti.
“Il Ffp è stato strumento politico, voluto dai top club della élite europea (Real, Barça, Bayern, Man United, Liverpool ecc.) che fanno ricavi grazie al brand e a un’organizzazione in grado di produrli su scala planetaria, indipendentemente dal risultato sul campo. Studiato per sbarrare la strada ai nuovi ricchi: miliardari arabi o russi che prendono un club e vi investono a piene mani. Pensato per creare una barriera all’entrata, il Fpf non ha però impedito ai qatarioti del Psg, allo sceicco del City e al magnate russo del Chelsea di accomodarsi nel salotto. Se non serve più, i top club vogliono altro”.
E il punto è esattamente questo. Non è un caso che la rivoluzione arrivi in questo momento, in cui l’Uefa non sa in che altro modo blandire i top club europei: la rielaborazione in espansione della Champions, la trattativa partecipata sui diritti tv, ora la revisione del FFP, sono tutte concessioni seguite al grande ricatto della Superlega Europea. Un progetto che non vedrà mai la luce, perché avrà prodotto già prima gli effetti desiderati: ricchi sempre più liberi di usare i propri soldi, a scapito delle piccole, e dello sport in generale.