L’attore a La Verità racconta i suoi dubbi sul vaccino ma anche sulla fila dei camion militari e sul bollettino giornaliero dei decessi
Sulle pagine de La Verità Enrico Montesano spiega e difende la sua posizione nei confronti di coronavirus che ha destato non poche polemiche. Non si definisce “negazionista”, nel senso che non nega l’esistenza del covid, ma si batte per la realtà dei fatti. Per lui il coronaviurs
«è una forma di influenza virulenta e rognosa, e se si sbagliano o ritardano le terapie – in maniera colpevole – causa poi rischi e pericoli per la vita»
Montesano ammette di essere solo un uomo di spettacolo e non un medico o uno scienziato, ma non ha intenzione di prendere per oro colato tutto ciò che cercano di propinarci senza prima aver studiato per tutelare se stesso, i propri figli e i nipoti.
Nega ad esempio di essere un no-vax, ma ha molti dubbi sul vaccino per il covid che è stato scoperto, prodotto, sperimentato ed approvato in meno di un anno considerando che per malattie come la pertosse e per la varicella ci sono voluti 40 anni e per il morbillo 10.
«Per me vale il principio di precauzione. Poi, se per preconcetto o fazione politica, qualcuno vuole travisarmi, faccia pure»
Montesano fa notare ad esempio che sul sito dell’Aifa alla domanda se la vaccinazione consenta di tornare alla vita di prima, rispondono
«che “non conferisce un certificato di libertà” ( abbiamo controllato, c’è scritto davvero, ndr) . Non sapevo che ci volesse una patente per la libertà. E quindi dicono occorre continuare con i comportamenti che definiscono corretti, con il distanziamento sociale. Sociale: una parola che mi preoccupa da sempre».
L’attore contesta tanto di come è stata gestita la pandemia, la limitazione delle libertà e l’imposizione del terrore anche attraverso quelle che lui definisce senza mezzi termini, notizie false e messe in scena.
«Dalla fila dei camion militari al bollettino giornaliero dei decessi, che mi rattristano certo, ma mi lasciano un dubbio sulla veridicità delle cifre»
Montesano contesta la mancanza della libertà, e tra le cose che gli mancano annovera l’andare allo stadio per seguire la Lazio
«che male fanno 20.000 abbonati distanziati?»