«Quasi tutti i pazienti dimessi – spiega Vincenzo Sangiovanni, direttore Uoc terza divisione Malattie infettive – chiamano per donare, però non tutto il plasma donato va bene»
Ieri un nuovo paziente ha cominciato al Cotugno la cura al plasma iperimmune contro il coronavirus, è il terzo in Campania come riporta Repubblica.
L’azienda ospedaliera dei Colli ha lanciato l’appello per arruolare donatori e nei giorni scorsi c’è stato un boom di telefonate al numero per le prenotazioni come spiega Vincenzo Sangiovanni, direttore Uoc terza divisione Malattie infettive
«Tutti i nostri pazienti diventano donatori convinti. Arrivano anche persone da fuori regione: chi ha combattuto questo maledetto virus vuole aiutare gli altri. Nella tempesta scatta un’alleanza».
Purtroppo non sempre i donatori hanno i requisiti giusti, infatti spiega ancora Sangiovanni
«Il donatore ideale ha sviluppato un alto numero di anticorpi per neutralizzare il virus. I prelievi vengono testati dai nostri laboratori che calcolano il titolo degli anticorpi: se è basso viene scartato, se è alto viene portato allo Spallanzani per la preparazione di pappe di immunoglobuline che poi saranno somministrate».
Anche per questo l’appello a raggiungere il più alto numero possibile di donatori è importantissimo. Possono donare tutti i pazienti guariti dal coronavirus, anche coloro che lo hanno contratto in forma asintomatica e che hanno tra i 18 e i 60 anni.
È chiaro che non si hanno sicurezze su quanto funzioni questa cura, ma in un momento di difficoltà in cui non si hanno molte armi per sconfiggere questo virus può rappresentare un valido aiuto
«Non ci sono dati sufficienti per testare l’efficacia di questa cura. Il principio di somministrare anticorpi è corretto, il problema è capire se quello che succede in vitro poi si ripete anche nel paziente».