A Repubblica: «Abbiamo scritto alla Uefa, stiamo ancora spettando la risposta. Oggi nessuno ti dice se uno infetta oppure no. Cairo mi odia a morte dopo che ha perso con me».
La Repubblica intervista il presidente della Lazio, Claudio Lotito, sul caos tamponi che tiene banco da una settimana in casa biancoceleste.
«Ce stanno a fa’ il gioco delle tre carte».
Lotito parla di Immobile, risultato positivo al gene N e impiegato lo stesso nella partitella di allenamento su cui, adesso, indaga la Procura Federale.
«Ma che vuol dire positivo? Positivo vuol dire contagioso, no? Anche nella vagina delle donne, di tutte le donne del mondo, ci sono i batteri. Ma mica tutti sono patogeni, solo alcuni in alcuni casi diventano patogeni e degenerano».
E ancora:
«Anche Tare è positivo. Ma oggi nessuno ti dice se uno infetta oppure no. C’è un’aleatorietà dell’interpretazione dei risultati. Per me la valutazione la deve fare il medico, io non lo so se Immobile si sia allenato martedì perché non ero a Formello, ma il medico lo ha valutato, gli ha rifatto l’idoneità sportiva, la capacità polmonare a riposo e sotto sforzo e stava meglio di prima».
Lotito difende la posizione del suo club.
«Una questione è come vengono conservati i reagenti, i tamponi, come viene effettuato il test. Abbiamo il tampone, era negativo. Nessun vuol far giocare i positivi, ho fatto fare i tamponi pure ai familiari».
Sull’esposto presentato dal presidente del Torino, Urbano Cairo, alla Procura federale per la partita persa contro la Lazio domenica:
«Cairo mi odia a morte dopo che ha perso con me, i suoi giornali mi attaccano per questo. Ma perde sempre, è ultimo in classifica».
Il presidente della Lazio ammette che uno dei suoi calciatori si è rivolto ad un laboratorio privato per effettuare il tampone (il Corriere dello Sport, questa mattina, scrive che si tratta di Luis Alberto):
«Pensi che un altro giocatore che era risultato positivo ai test della Uefa si è andato a fare un tampone per conto suo. Ed è risultato negativo».
E spiega perché ha deciso di appoggiarsi al laboratorio di Walter Taccone di Avellino:
«Quando c’è stata necessità di introdurre i tamponi per tutta la squadra, ho chiesto allo Spallanzani ma mi hanno detto che non era il caso. Poi c’era il Campus biomedico, che era vicino a Trigoria ed era l’unico nel Lazio, se lo immagina la gente in fila e noi che passiamo avanti? Non mi andava che si pensasse che i giocatori avevano una corsia preferenziale rispetto ad altri cittadini, la salute è uguale per tutti. Quando ho chiesto per la Salernitana mi hanno detto che c’era il centro di Taccone, uno dei pochi convenzionati con la Regione Campania. E abbiamo scelto lui anche per la Lazio».
Ma come mai Immobile ha partecipato all’allenamento nonostante un tampone indicasse la sua positività poche ore prima della partita contro lo Zenit?
«Ve l’ho detto. Positivo vuol dire che puoi infettare. Abbiamo scritto alla Uefa, perché una settimana prima ci avevano bloccato anche Pereira ma poi il giorno dopo ci avevano risposto che era negativo. Abbiamo mandato tutti i dettagli sui tamponi, sui reagenti, su chi aveva fatto i prelievi. Ci hanno detto “la commissione sta valutando”, ma ancora non ci ha risposto».
E conclude:
«Quando ho fatto medicina io virologia era un esame complementare del secondo anno, giusto 200 pagine. Mo non lo so quant’è, quante pagine. Ma pare che contino solo i virologi».