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Gerry Scotti: «I negazionisti? Un’ora nell’anticamera della terapia intensiva e cambierebbero idea»

Intervista al Corriere della Sera. «Io ci sono stato. Dietro la porta vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me»

Gerry Scotti: «I negazionisti? Un’ora nell’anticamera della terapia intensiva e cambierebbero idea»

Il Corriere della Sera intervista Gerry Scotti. Ha avuto il Covid, è finito in terapia subintensiva per dieci giorni, poi, ieri, è tornato a casa. Racconta la sua esperienza, i sintomi, lievi, che aveva scambiato per una semplice influenza («Febbriciattola, stanchezza, colpi di tosse. Avevo 36 e 2 e pensavo di star bene»), poi, dopo un controllo al Covid Center dell’Humanitas, a Rozzano, i medici hanno deciso di ricoverarlo.

«Avevo tutti i parametri sballati: fegato, reni, pancreas. Ero già nell’unità intensiva, perché quando entri nel pronto soccorso del Covid Center non c’è l’area rinfresco, l’area macchinette, l’area vogliamoci bene: si apre una porta e da lì in poi vedi tutto quello che hai visto nei peggiori telegiornali della tua vita. Sono diventato verde, ho sudato freddo».

Il presentatore è rimasto nell’anticamera della terapia intensiva.

«Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato — stando lì, due notti e un giorno — che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco… Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me».

Scotti racconta di aver dovuto anche indossare il casco per l’ossigeno, ringrazia il personale del Covid Center e rivolge un pensiero ai negazionisti.

«Bisogna prenderli e lasciarli in quella stanzina un’ora. Non c’è bisogno di 36 ore come è stato per me. Sicuro che cambiano idea».

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