Repubblica intervista Caterina Tabasso, psicoanalista Aipa: «Alcuni non vogliono uscire per non rinunciare a stare vicino ai genitori o perché durante il lockdown hanno visto i genitori troppo preoccupati e impotenti»
Non è vero che i ragazzi sono tutti irresponsabili che se ne fregano delle regole e del pericolo di infettare i propri familiari e si danno alla movida sfrenata. C’è anche chi ha paura di uscire, proprio per paura di portare il Covid a casa. E c’è chi, in quarantena a casa, ha paura di non riuscire più a mettere il naso fuori, ad incontrare gli amici, che rimpiange persino i professori e la presenza in classe. Lo scrive Repubblica, riportando le parole di una psicoterapeuta psicoanalista dell’Aipa, Caterina Tabasso. Sono tanti i genitori che raccontano un disagio del genere, tra i loro figli. E’ a loro che si rivolge l’esperta, per aiutarli ad aiutare questi ragazzi.
Fondamentale, dice, ripensare la relazione genitori-figli.
“Nel lockdown genitori e figli hanno condiviso spazi, atmosfere e, più in generale, un momento di allarme e paura di proporzioni mondiali. Genitori e figli hanno anche condiviso modi nuovi di stare insieme: non voler tornare fuori casa per i figli può significare tante cose, dal non voler rinunciare alla vicinanza perché sono stati recuperati elementi affettivi importanti, all’essere troppo spaventati dai pericoli esterni perché hanno vissuto i loro genitori come troppo preoccupati e impotenti”.
Le paure dei giovani, insomma, sono in parte frutto di quello che respirano in casa. Bisogna che i genitori ne parlino con i propri figli.
Tra l’altro, la paura del lockdown è un sentimento sano, dice la Tabasso.
“Non è qualcosa da scoraggiare ma da guardare, accogliere senza far crescere l’angoscia che potrebbe favorire la negazione e gesti spavaldi, ma sottolineare che rispettando le regole, vedi mascherina, si può controllare il diffondersi della pandemia”.
I genitori devono lasciare i ragazzi liberi di non reprimere le loro emozioni negative, ascoltarli.
“I genitori devono in primo luogo accogliere la rabbia che deriva dalla frustrazione di vedersi privati delle abitudini, delle uscite, della compagnia di amici o libertà, senza negarla. Devono lasciare i ragazzi esprimano questo tipo di emozioni negative senza reprimerle. Solo una volta fatta questa operazione si può passare alle seconda fase in cui si valutano, si cercano le cose che potrebbero rendere il confinamento meno insopportabile. Le cose fattibili ora e un domani, una volta finito il lockdown. Perché immaginino un prima e anche dopo, questo tempo sospeso e ridotto. Perché pretendere anche che accettino tutto senza accogliere rabbia e frustrazione per le loro vite di adolescenti stravolte all’improvviso, è veramente chiedergli troppo”.