Le testimonianze del centrocampista del City e del portiere del Genoa. Chi l’ha preso cerca di fare da testimonial alla causa: state attenti, è molto pericoloso
Prima il contagio, la convalescenza, poi la liberazione del campione negativo. Infine il messaggio sociale: “Fate attenzione ragazzi, non è una semplice influenza”. Così la malattia viene riprocessata dai calciatori, per arrivare a dover ribadire a scopo didattico la propria testimonianza di paziente. Dopo sette mesi c’è evidentemente bisogno ancora che il calciatore, o il vip in generale, ci ricordino che con la Covid-19 non si scherza. Ma soprattutto, andrebbe ricordato ai compagni, ai Presidenti, ai dirigenti, a un ct della Nazionale a caso.
E così, per restare ad oggi, il portiere Marchetti, uno dei primi tre contagiati del focolaio Genoa, finalmente negativo, può tornare alla sua carriera sportiva e sui social scrive:
“Finalmente sono negativo. Questa parola a cui da sempre ho attribuito un brutto significato oggi è la più bella di tutte. Rispettate le regole ragazzi, non è una banale influenza come ho sentito dire da tanti! Da oggi visite e poi…non si molla niente!”.
Ben più esplicativo il racconto di Ilkay Gundogan, il centrocampista del Manchester City guarito dalla malattia dopo averne potuto apprezzare i sintomi peggiori. Lui, giovane e atleta:
“Mi ha colpito duramente. All’inizio avevo dolori agli arti. Poi mi sono sentito completamente esausto e il mio senso del gusto è svanito. Non mi sentivo affatto bene e riuscivo solo a stare sdraiato a letto. Solo dopo diversi giorni sono gradualmente migliorato. Ad essere sincero, non ricordo l’ultima volta che ero stato colpito da un’infezione”.
Covid-19 🦠❌👋🏼 ___ back in training 💪🏼 #quarantineover @ManCity pic.twitter.com/FpbgYdQb60
— Ilkay Gündogan (@IlkayGuendogan) October 5, 2020
Anche Gundogan vuole farsi testimone della pericolosità di un virus sottostimato soprattutto dai giovani:
“A causa degli attuali sviluppi in tutto il mondo, vorrei anche esprimermi pubblicamente, non per ottenere simpatia, ma semplicemente per attirare nuovamente l’attenzione su di esso. Questo virus non è uno scherzo. Va preso molto più seriamente. Dopo l’annuncio pubblico della mia positività, ho letto molti commenti sui social del genere “Sta bene comunque! Si rilasserà a casa per 10 giorni e poi si allenerà di nuovo”. Tutto quello che posso dire a queste persone è: no, purtroppo non è stato un piacere”.
“Come atleta competitivo, ovviamente, non appartengo da un gruppo a rischio, quindi posso ancora considerarmi molto fortunato. La mia esperienza con il virus non può essere paragonata alle esperienze di coloro che hanno perso la famiglia o gli amici. Tuttavia, come persona colpita e nel mio ruolo di persona, vorrei mettere in guardia ancora una volta la gente”.