Il direttore di Malattie infettive all’Ospedale Maggiore della Carità di Novara a Repubblica: «Il tampone indica che sei contagiato, ma per essere malati dunque bisogna avere dei sintomi»
Dopo l’allarme lanciato dal Cotugno sui numeri dei ricoveri e quello abbastanza palese sui numeri dei contagi in Campania Repubblica intervista Pietro Luigi Garavelli, direttore di Malattie infettive all’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, che sottolinea una differenza fondamentale anche se talvolta ignorata
«I test danno una valutazione epidemiologica per identificare i focolai, ma non hanno rilevanza clinica»
Il che significa che se una persona risulta positiva significa che è contagiato, ma non per forza malato. Il suo commento nasce proprio dai numeri terrificanti della Campania anche ieri prima per percentuale di positivi.
Il tampone indica che sei contagiato, ma per essere malati dunque bisogna avere dei sintomi
«segni clinici di Covid-19, in primis la febbre. E comunque la maggioranza dei positivi esprime una patologia asintomatica o paucisintomatica. Poi, solo una minoranza manifesta segni chiari e di questi soltanto una parte sviluppa problematiche di tipo polmonitico e di insufficienza respiratoria che indirizzano al ricovero».
Restando sui numeri della Campani, Garavelli spiega che è chiaro che adesso sia il sud a registrare il maggior numero di contagi, perché è rimasto praticamente vergine dopo la prima ondata.
«Significa che mentre al nord il virus è ampiamente circolato e ha, mi passi il termine, sverginato un’ampia fascia di popolazione creando una sorta di immunità, in Campania la popolazione è rimasta “vergine”».
Il sud poi ha un altro punto a sfavore al momento
«La particolare socialità dei meridionali, una caratteristica pregevole, che diventa negativa per la più facile diffusione del virus. E poi in Campania c’è Napoli, città densamente popolata, con famiglie numerose in piccoli appartamenti».
Un dato positivo
«La popolazione campana, in media, è più giovane di quella del settentrione, quindi, a parità di infettati, ci si dovrebbe aspettare meno malati e, soprattutto, meno gravi».