Al CorSera: «Credo che servano altri provvedimenti, oltre a quelli di cui tanto si parla: dividere i plessi in modo da poter fare controlli settimanali su gruppi a campione, con tamponi presi in pool e test sierologici».
Il Corriere della Sera intervista Giorgio Palù, docente emerito di virologia all’Università di Padova. Non si mostra preoccupato per l’aumento dei contagi, che rimanda a casi di rientro dalle vacanze.
«Si tratta di contagi “di ritorno” dalle vacanze. In crescita, ma quasi tutti asintomatici, l’età media è scesa intorno ai trent’anni, in rianimazione c’è qualche paziente in più, ma la situazione non è certo quella che ricordiamo a marzo-aprile».
Il maggior numero di casi riscontrati dipende dalla quantità di tamponi.
«Ci sono queste oscillazioni giornaliere che dipendono dal numero di test effettuati: ovviamente più tamponi si fanno e più si trovano positivi. La caratteristica principale è che siamo in grado di trovare gli asintomatici, che sono la stragrande maggioranza. Ricordiamo anche che “positivo” non vuol dire “malato” e non è neanche detto che sia per forza contagioso. Dipende dalla carica virale: sappiamo che ci vogliono intorno a un milione di particelle virali infettanti per contagiare un individuo, quando il contatto sia stato ravvicinato e prolungato».
Palù si mostra però preoccupato per la riapertura delle scuole.
«La riapertura della scuola desta qualche preoccupazione, non tanto per i bambini (se è vero, come riportano alcuni studi, che si infettano meno, si ammalano meno e sicuramente muoiono di meno), ma perché potrebbero portare il contagio in famiglia, visto che in Italia si vive ancora con i genitori e con i nonni. Io credo che per la scuola servano altri provvedimenti, oltre a quelli di cui tanto si parla: dividere i plessi in modo da poter fare controlli settimanali su gruppi a campione, con tamponi presi in pool e test sierologici».