La Faz spiega che in Germania il calcio ha perso potere. La forzatura in primavera col ritorno in campo (mentre a tutti gli altri era vietata qualsiasi cosa) ha sottratto il consenso sociale. E la politica si è adeguata
Il vero titolo sarebbe: cosa succede nei Paesi civili. Nei Paesi dove c’è una coscienza civica degna di questo nome. Dove nessun politico si sognerebbe mai di destinare cento poliziotti per il ritiro di una squadra di calcio (come accaduto col Napoli a Castel di Sangro senza che quasi nessuno dicesse A, anzi il Napoli e l’Abruzzo stanno facendo il pieno di complimenti per aver aperto lo stadio agli allenamenti e alle amichevoli).
Ma tra l’Italia e la Germania c’è una sottile differenza. Appena appena. Impercettibile.
In Germania, dove pure il calcio ha riscosso successi come quello del Bayern in Champions, in pochi mesi il calcio ha perso i propri privilegi. Ma non per una battaglia politica. Bensì perché i cittadini si sono fatti sentire con il loro comportamento. Come scrive la Faz in un editoriale molto interessante (come lo sono la stragrande maggioranza dei loro articoli).
Appena pochi mesi fa, la federcalcio tedesca ebbe la forza di imporre al Paese e alla politica il ritorno del calcio giocato. Fece da battistrada e consentì agli altri campionati – fatta eccezione per quello francese – di ripartire.
Una forzatura che, però, non piacque ai tedeschi. Come ricorda la Faz, la reazione del pubblico fu molto fredda. Dopo un’impennata iniziale, gli ascolti subirono un drastico ridimensionamento.
Per la prima volta, scrive il quotidiano, emersero profonde riserve sugli eccessi del calcio professionistico: sul gigantismo mediatico, sulle commissioni e gli stipendi astronomici e l’ostentato distacco dalla realtà di alcune calciatori che sfoggiavano spudoratamente la loro ricchezza. L’ampio rifiuto della popolazione ha turbato la politica. Il rifiuto ha gettato il calcio tedesco in una crisi d’identità.
In primavera, il calcio era ancora inviolabile. Al culmine della pandemia, quando ai bambini era vietato giocare, la Bundesliga cercò di tornare in campo. I politici appoggiarono questo progetto perché erano convinti che una simile decisione avrebbe incontrato grandi consensi.
Così non fu. E il calcio tedesco ha perso potere. Ha smarrito la propria forza. Non ha più il consenso sociale. E quindi non può sostenere con forza la battaglia per riportare gli spettatori negli stadi.
Scrive la Faz che il calcio è al rango di qualsiasi altra moneta di scambio nelle contrattazioni politiche sul virus.
I politici hanno capito che ora possono fare quello che vogliono con il calcio: carezze o calci, a seconda dell’utilità e dell’andamento della giornata. Il Re Football ha abdicato. Le partite a porte chiuse saranno prolungate almeno fino alla fine di ottobre, forse fino alla fine dell’anno, a causa del recente aumento del numero di contagi. Cancellati anche tutti gli altri grandi eventi. Gli stadi torneranno pieni quando le persone potranno liberamente urlare, cantare, abbracciarsi e baciarsi.
Nemmeno il Bayern ha osato battersi per la riapertura degli stadi, racconta la Faz. A questo giro il calcio professionistico non ha ottenuto nulla.
I politici non hanno più avuto paura delle reazioni dei tifosi. Non è più esistito il timore che potessero protestare per il divieto di andare allo stadio.
Nessuno deve preoccuparsi della futura redditività del Bayern, nemmeno del Borussia Dortmund o del Lipsia.