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Veltroni ha scritto a Rizzoli, ma non ha ben chiaro cos’è successo al regolamento

La lettera su La Gazzetta. Sottopone al vaglio del designatore i falli di mano e le troppe ammonizioni ma senza troppa cognizione tecnica

La pioggia di rigori che si è abbattuta sulla Serie A, diciamocelo apertamente, non piace a nessuno. Così come non entusiasma il doversi muovere in continuazione nelle zone grigie del regolamento, specialmente in relazione al fallo di mani. Ma anche in uno scenario in cui si fa fatica a riconoscere il calcio – il nostro calcio – non sembrano immediatamente comprensibili alcuni passaggi della lettera di Walter Veltroni, indirizzata al designatore Nicola Rizzoli, pubblicata oggi sulle pagine de La Gazzetta dello Sport.

Già la scelta dell’intestatario è piuttosto discutibile. Rizzoli sceglie gli arbitri per le partite di campionato e Coppa Italia, non cambia le regole del pallone. Al massimo si poteva rivolgere all’IFAB che è l’ente che periodicamente si riunisce proprio per apportare migliorie al regolamento.

Apprezzatissimo il riconoscimento delle difficoltà del ruolo dell’arbitro, un aspetto che non viene mai necessariamente sottolineato e considerato, e soprattutto la qualità dei nostri direttori di gara. Chi sostiene il contrario o è in mala fede o non vede cosa succede all’estero, specialmente in Inghilterra.

Giudicare è sempre difficile, farlo mentre gli eventi accadono e sotto gli occhi di tifosi per i quali quello degli avversari è sempre fallo e quello dei propri giocatori non lo è mai, è quasi impossibile. Per questo chi ama lo sport non può che ammirare e rispettare il lavoro ingrato e difficile di chi deve far rispettare le regole. E personalmente credo che gli arbitri italiani siano tra i migliori al mondo.

Veltroni sottopone a Rizzoli la questione dei falli di mano. Elenca il regolamento IFAB sulla questione e ne evidenzia la complessità linguistica, tratto comune purtroppo del diritto a tutte le latitudini. Vengono riepilogati i dati, sempre raccolti da La Gazzetta, sul numero di rigori concessi in Italia, molto simili alla Spagna e lontani invece dalle medie su cui viaggiano Germania e Inghilterra.

Quindi spostandoci sull’aspetto etico e morale, si evidenzia che questa nuova tendenza sottrae all’intelligenza dell’arbitro la natura di un contatto di gioco. A questo punto, Veltroni richiama quella che definisce la “vecchia disposizione” sui falli di mano, che in realtà è sempre la stessa. Il punto focale della questione è il seguente: la regola è nuova come esposizione ma non come contenuto. L’IFAB ha sperato che individuando delle fattispecie si restringesse il margine di opinabilità sulla concessione di un calcio di rigore, ma sempre e comunque sulla base dei criteri di movimento, distanza e contestualizzazione del gioco.

Tecnicamente, ed è bene ribadirlo, dopo le modifiche regolamentari non esiste un rigore che prima non sarebbe stato concesso e oggi no. Per questo non è corretto usare espressioni come “la nuova regola sui falli di mano”, è fuorviante.

La seconda questione riguarda il numero di cartellini gialli, che in Italia sono più che negli altri paesi. Veltroni lamenta che la frequenza maggiore delle ammonizioni causa inevitabilmente più squalifiche così, almeno per questo periodo, si appella alla clemenza dei direttori di gara.

Vedo partite con decine di ammonizioni. Vedo squalifiche che falcidiano rose già stremate da tre partite a settimana e dai conseguenti infortuni. Anche qui qualche numero: in Premier la media è di 3,39 ammoniti a match, in Bundesliga di 3,77, in Champions di 3,84. In Italia e in Spagna quasi di cinque gialli a partita. Mi permetto di dire che forse un uso più parsimonioso, specie in questa fase, del cartellino giallo renderebbe le partite più divertenti e le formazioni più competitive.

L’interrogativo qui sorge spontaneo: perché guardare direttamente alla sanzione e non al comportamento che la origina? Non è che – per caso – c’è un problema magari anche culturale alla base di questo numero gonfiato? Portiamo un esempio, per intenderci. Nella stagione 2018/19, arrivati a marzo, Alessio Romagnoli aveva accumulato sei cartellini gialli. Normale, per un difensore centrale. Non lo è più nel momento in cui si nota la ragione dei provvedimenti, arrivati cinque volte per proteste e una per essersi tolto la maglia dopo un gol.

In ogni caso, condividiamo l’auspicio finale di Veltroni. Almeno quello.

Nessuno più degli arbitri ha bisogno di chiarezza delle norme e di un clima di collaborazione collettiva. Il mondo arbitrale italiano, Can e Aia, ha continuato una grande tradizione e innovato molto. Proprio per questo oggi credo possa affrontare serenamente un confronto e una collaborazione su questi temi. La saluto con grande stima.

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