Due pagine su Napoli, la camorra, il degrado di Posillipo. Titolone. “Arrestati 59 napoletani”. E nel pezzo: “E poi vogliono chiudere la Lombardia”. Offriranno la direzione onoraria a de Bortoli?
Arrestati 59 napoletani
Fermi tutti. Oggi Libero si supera e piazza lo scoop. A Pagina 2. Due colonne a firma Iuri Maria Prado cui non sfugge nulla della nostra società.
Facciamo un attimo un passo indietro. Libera dedica pagina 2 e 3 alla questione meridionale, nel senso del razzismo dei meridionali e della loro pericolosità. Il titolo d’apertura è: “ARRESTATI 59 NAPOLETANI”. “Retata anti-camorra. Appalti truccati, corruzione, estorsione: coinvolti forze dell’ordine e politici. Il cancro del Paese è la mafia ma lo sport nazionale è attaccare Fontana”. Non è firmato Ferruccio de Bortoli, bensì Renato Farina premio Pulitzer mancato. A proposito: offriranno la direzione onoraria a de Bortoli?
Vi riportiamo le prime righe dell’imperdibile pezzo:
E il cancro d’Italia sarebbe la Lombardia? Da cui difendersi con filtri e passaporti sanitari, intimando minacce ai lombardi e a chi li rappresenta? Questi sguazzano nella camorra fino alle ginocchia, e invece di bonificare la loro palude che inquina il mondo, si permettono di tirar sassi alla Madonnina?
Il paginone si conclude con un approfondimento sul degrado di Posillipo.
La verità negata
Ma concentriamoci su Iuri Maria Prado. “C’E’ RAZZISMO IN COME IL SUD GUARDA AI SETTENTRIONALI”. Occhiello: “LA VERITA’ NEGATA”.
Vorremmo rispettare il diritto d’autore e proporvi solo stralci. Ma non resistiamo. Sfidiamo i tribunali e ve lo spiattelliamo integrale. Va letto tutto e tutto d’un fiato. Come tutti gli articoli ben fatti, è impresa ardua estrapolarne solo frammenti. E quindi ecco a voi l’articolo di Iuri Maria Prado:
C’è una specie di razzismo in certo atteggiamento meridionale verso il Nord. E non vale per l’atteggiamento del Nord rispetto al Sud, che può essere a volte di risentimento, di antipatia, magari persino di odio: ma di stampo razzista, propriamente, no.
E si spiega. Un segno distintivo dell’atteggiamento razzista è infatti l’ignoranza. Il razzismo suppone e determina ignoranza. La suppone, nel senso che a giustificare l’atto discriminatorio sono caratteristiche in realtà inesistenti di chi ne è vittima: non era la verità della pelle negra a legittimare lo stato di schiavitù, ma l’assunto falso secondo cui quel tono cromatico implicava la dotazione morale e spirituale della scimmia. E, nonché supporre, il razzismo determina ignoranza: nel senso che la segregazione, la subordinazione, l’isolamento dei discriminati per motivi razziali costituiscono altrettanti impedimenti a conoscerli per quel che sono veramente, e in questo modo perpetuano il pregiudizio che ne legittima la discriminazione.
Il Nord non è razzista perché conosce il Sud. Il Sud è razzista perché non conosce il Nord. Per prevenire l’obiezione del cretino di turno, precisiamo: è ovvio, non diciamo che sia inesistente al Nord qualsiasi manifestazione antimeridionale di matrice razzista, così come non diciamo che l’atteggiamento razzista contamini qualsiasi emozione meridionale nei confronti del Settentrione. Diciamo piuttosto che il tono incriminatorio e derisorio spesso assunto dalla recriminazione meridionalista presenta quel profilo d’ambiente razzista, che appunto suppone e determina l’ignoranza che così spesso sigilla il pregiudizio.
SQUILIBRIO CULTURALE
Il Nord conosce il Sud perché in televisione, al cinema, negli uffici pubblici, nelle aule parlamentari e in quelle di giustizia, ha sentito sempre risuonare la lingua del Sud. Il fabbro di una sperduta valle bresciana o il contadino della bassa padana usavano e ancora usano soltanto il loro dialetto, ma la favella meridionale gli veniva incontro dappertutto e hanno imparato a conoscerla. Sanno che cosa vuol dire “Simmo ‘e Napule, paisà”; sanno che cosa vuol dire “Ccà nisciuno è fesso”; ma l’omologo campano o calabrese non ha mai neppure sentito espressioni come “Inscì avèghen” o “Ofelèe fa il to mestèe”, che pure sono tra i più noti detti lombardi. Quassù sappiamo che cosa vuol dire “pizzicagnolo”, ma escludo che laggiù qualcuno sappia che cosa significa “fondeghèe”. E non a caso l’effetto di questo squilibrio culturale, di questa sproporzione nella reciproca conoscenza, è che nella rappresentazione comune la parlata meridionale è allegra, simpatica, giocosa, mentre quella del Nord è presentata come cupa e trogloditica.
Né si tratta solo della lingua. È la pizza l’immagine alimentare del Paese: non il brasato. È la mozzarella: non la polenta, che ancora non a caso è adoperata a comporre una definizione tralatizia – “polentoni” – solo apparentemente bonaria, ma che in realtà rinnega una cultura e la ridicolizza. E sono le piazze meridionali a dire la bellezza italiana: non quella di Vigevano.
STRANIERO IN PATRIA
È molto diverso anche l’atteggiamento del settentrionale in visita al Sud rispetto a quello del meridionale quassù: al quale manca il sole e pesa magari il ritmo diverso della vita, ma non si sente straniero come invece il settentrionale al Sud. Perché il settentrionale al Sud non trova nulla di sé, nulla della propria cultura e vede soltanto quella altrui, che pure conosce appunto perché essa ha pervaso il Paese, ma non è la sua: e sarà pure ben ospitato, ma da straniero.
Al Nord, al contrario, il meridionale trova in gran copia i segni della propria cultura e non vede altro, appunto perché conosce solo la propria. Il settentrionale è spinto al Sud da una specie di esotismo; il portamento del meridionale al Nord è invece di tipo coloniale.Si comprende così quale sia il vero divario tra il Nord e il Sud: questo non conosce quello, e la natura del reciproco distanziamento è profondamente diversa. Ingiusta nei due casi, da superare nei due casi: ma in un caso – quello della rivendicazione meridionalista – si caratterizza per un supplemento di violenza sopraffattoria del tutto incapace di riconoscersi e perciò tanto più pericolosa.
E ora il cretino di cui sopra si accomodi a darmi di razzista