Il virologo Radio Marte spiega che non è ancora il momento perché andare allo stadio non è come assistere a un concerto di musica classica “Più avanti, magari sì”
Sulle parole di Zangrillo che ha detto che il coronavirus clinicamente non c’è più
“Zangrillo voleva dire che arrivano meno casi e meno pesanti rispetto all’inizio, con pazienti che presentano forme simil-influenzali. Non è solo una sua considerazione, si osserva questa tendenza. Sicuramente è una cosa ancora da approfondire per capire le cause effettive e ciò che vi sia dietro. I colleghi dell’Università di Brescia hanno individuato una variante meno aggressiva, bisogna capire se si è diffusa o è stato un caso isolato. Dobbiamo pensare dal punto di vista organizzativo alla situazione peggiore, per non farci fregare un’altra volta. Probabile però che oggi riusciamo a individuare possibili potenziali focolai, che peraltro finora nonostante le aperture non hanno creato grossi guai. Dobbiamo puntare a una vigile serenità. Bisogna stare sempre assolutamente attenti, ciò è fondamentale.
Apertura stadi?
“I tifosi però non sono come chi assiste alla musica classica, qui ci sono poi anche gli spalti. I dropplets si diffondono per gravità, chi sta sopra poi può infettare chi sta sotto. Più avanti, magari sì. Procediamo step by step. A un certo punto a Milano e in Lombardia è stata dura, anche nell’Ospedale che dirigo siamo stati sotto stress per giorni e giorni”.
Apertura regioni, passaporto sanitario e controlli?
“Una cautela che comprendo dal punto di vista della paura, ormai però la situazione è decisamente molto migliorata, quindi ritengo che sia un’eccessiva attenzione. Ogni Nazione ha fatto un lockdown un po’ diverso, si tratta poi di scelte tecnico-politiche che possono variare”.