La Gazzetta dello Sport ha sentito tre esperti, che confermano: “Ne sappiamo troppo poco, anche gli asintomatici potrebbero avere conseguenze con lo sforzo”
“Non c’è letteratura scientifica”. E per letteratura si intende studi sul lungo periodo suffragati da numeri e comparazioni. In pratica non si sa quali siano le implicazioni dell’infezione dal coronavirus sul fisico degli atleti di alto livello. E’ il grande dubbio medico-sportivo che attanaglia gli esperti ora che le competizioni riprendono. Anzi: la grande scommessa.
Perché “di questo virus sappiamo ancora troppo poco” è diventato un mantra, persino pericoloso. La Gazzetta dello Sport ha sentito tre esperti, e tutti sono concordi: bisogna stare molto attenti.
Per Marco Capretti, ex rugbista e ora responsabile del reparto di cardiologia del San Camillo a Brescia, “tutti gli sport che richiedono sforzi prolungati aerobici come ciclismo, podismo, sci di fondo… e anche quelli che richiedono sforzi per tempi prolungati anche se non continui come rugby, calcio, tennis… devono tener presente il possibile abbassamento delle difese immunitarie sia per atleti che hanno già avuto il coronavirus sia per tutti gli altri che scendono in competizione quando il virus è ancora presente. Durante uno sforzo intenso la respirazione è forzata, l’aria arriva in tutti gli alveoli, in profondità e quindi non possiamo escludere che l’inalazione di aria infetta arrivi più in profondità dando luogo a polmonite interstiziale profonda e quindi con prognosi più impegnativa”.
Il problema è che il fisico di Ronaldo non è lo stesso di uno “normale” sportivo amatoriale, anche molto ben allenato. “Al contrario è un fisico prestazionale dove maggiore è il grado di prestazione cardio-polmonare richiesta maggiore è lo stress e quindi la fragilità. Ecco perché gli atleti che riprenderanno l’attività e che sono stati Covid avranno bisogno di maggior attenzione da parte dello staff medico”.
Sergio Harari, pneumologo, responsabile clinico nel Gruppo MultiMedica dell’emergenza Covid aggiunge che “per i malati in forma conclamata, di qualsiasi grado, qualche strascico c’è. I più evidenti sono una profonda stanchezza e una maggiore affaticabilità muscolare che possono essere anche molto persistenti. Condizione che potrebbe durare diverse settimane per avere una risoluzione completa. Ne consegue che sia la capacità prestativa, sia quella di allenamento, potrebbero non essere quelle adeguate. Gli atleti di endurance sono quindi quelli che soffriranno di più”.
Per Giovanni Tredici, capo dell’Equipe medica del Giro e professore ordinario di anatomia umana presso l’Università di Milano Bicocca, “Dal buon senso e dalla storia delle altre malattie virali è pensabile che anche il Covid possa lasciare per un periodo di tempo determinato, ma che può durare anche mesi, un maggiore senso di fatica”.
“Il Covid ha come manifestazione principale un deficit respiratorio che trae origine prevalentemente dalla sofferenza del tessuto interstiziale dei polmoni, la struttura elastica che permette ai polmoni di espandersi per ricevere ossigeno, che può essere complicata dalla sofferenza del microcircolo arterioso infiammato dalla reazione immunitaria può portare a micro-embolismi”.