Il velocista alla Gazzetta: «Sono ipocondriaco, ho paura del virus. Gli vado incontro. Provo a vincere, anche perché se stai fermo perdi di sicuro»
Sulla Gazzetta dello Sport una lunga intervista al velocista Filippo Tortu. Ieri ha ripreso ad allenarsi dopo un mese di stop. La quarantena? E’stata lunga, racconta.
«Ogni giorno era uguale e non finiva mai».
Il virus gli ha fatto paura.
«Sono ipocondriaco e quindi sì. Nei giorni scorsi mi è salito un raffreddore e mi sono spaventato, ma era solo l’allergia al polline. Sa, noi atleti siamo visti come eroi immortali, non è così».
Si dice in disaccordo con la Pellegrini, che ha dichiarato che in Italia si pensa solo al calcio.
«Non mi sembra sia andata così. Penso che il calcio sia, come diceva Arrigo Sacchi, la cosa più importante tra le meno importanti. Da noi ha una valenza sociale ed economica. E quindi, come sono stati fatti ripartire altri settori industriali, trovo sia giusto riportare in campo la A e i vari tornei. Lo dico da appassionato e tifoso della Juve».
Il virus ci condizionerà ancora a lungo, dice.
«Basta guardare i miei capelli. Ho la tentazione di farmeli a zero. Mi mancano da matti le uscite con gli amici, quelli di sempre. Andare al bar, al ristorante. Tutti vicini, abbracciati. Per non parlare delle trasferte con la Nazionale: nell’atletica siamo una famiglia. Poi ci sono le mascherine: quando andavo in Giappone mi sembrava strano vederle indossate da tante persone, ora è lo stesso in Italia. Insomma, il virus è tra noi. Solo il vaccino ci ridarà sicurezza. Possiamo stare fermi e attenderlo. Oppure gli andiamo incontro. Io gli vado incontro, metro dopo metro. Provo a vincere, anche perché se stai fermo perdi di sicuro».