Il Mattino intervista Valeria, positiva al Covid: «In alcune situazioni sarebbe stata necessaria una dotazione maggiore rispetto alle mascherine chirurgiche. Facciamo un lavoro che non può considerarsi a zero rischi»
Il Mattino intervista un’ostetrica napoletana contagiata dal virus. Valeria – un nome di fantasia -, 50 anni, è ricoverata al Cotugno. Racconta che, nonostante abbia trascorso una buona parte della sua vita a fronteggiare emergenze nei parti, quando ha saputo di essere positiva è crollata psicologicamente.
«Non mi sono mai sentita così disarmata perché questo virus destabilizza il fisico e la mente. Ti rende fragile e impotente».
Venti giorni fa i primi sintomi, la terapia domiciliare, poi il ricovero. Senza necessità di ventilazione, per fortuna.
«Il Covid ha la capacità di farti sentire un giorno un leone e quello dopo, una larva. Ricordo esattamente quando mi sono insospettita. Ero rincasata dopo un turno di lavoro che mi era pesato più del solito, una stanchezza che raramente avevo avvertito. Ero eccessivamente stanca e avevo decimi di febbre ma, soprattutto, nel giro di poche ore, mi sentivo dolorante in ogni parte del corpo: qualcosa decisamente non quadrava».
Nell’arco di una sera i sintomi sono peggiorati e ha chiesto il tampone. Dopo due giorni il responso.
«Ho avuto paura di morire e di non vedere più la mia famiglia, quando mi hanno portato via con l’ambulanza».
L’ostetrica dichiara di «aver usato sempre le protezioni» ma aggiunge che
«in alcune situazioni sarebbe stata necessaria una dotazione maggiore rispetto alle mascherine chirurgiche utilizzate. Facciamo un lavoro che non può mai considerarsi a zero rischi, d’altronde la prima domanda che ci fanno le partorienti è sempre la stessa: siamo al sicuro?».
Secondo le statistiche, la categoria delle ostetriche è la più colpita dal virus con quella degli infermieri. La percentuale è del 43,2% su 16mila sanitari infettati dall’inizio dell’epidemia. Due i decessi.