Libero intervista Gianluca Melegati: «Su 500 giocatori, e 1.500 tesserati in totale, abbiamo avuto 13-15 positivi, un numero non grande. A mio parere non sono contagi recenti, ma soggetti mai guariti»
Libero intervista il medico sportivo Gianluca Melegati, ex medico del Milan.
«Ripartire non è un dovere, ma si intravedono le condizioni per farlo».
Sui rischi per i giocatori:
«Su 500 giocatori, e 1.500 tesserati in totale, abbiamo avuto 13-15 positivi, un numero non grande. I calciatori di alto livello sono tra le persone più controllate: hanno a disposizione staff e competenze superiori ad altri lavoratori. E sono giovani, senza fattori di rischio».
Nessun rischio di iperaffaticamento e di abbassamento delle difese immunitarie.
«Ormai la durata degli allenamenti è calcolata, sono garantite le ore di riposo e c’è attenzione a prevenzione e alimentazione. Non ci sono rischi di iperaffaticamento».
Anche il pensiero dei morti da rispettare non giocando è un falso problema.
«Personalmente, ritengo che i morti vadano sempre onorati col silenzio. C’è l’aspetto economico, ma anche il risvolto affettivo per il pubblico. Pensiamo solo alla gioia che potrebbe portare l’Atalanta ai bergamaschi».
Melegati dichiara che il protocollo Figc è molto valido per gli allenamenti. Il problema della comparsa di un nuovo positivo c’è, ma si dice ottimista.
«Il tempo comunque gioca a nostra favore: sono tra quelli che non escludono che la bella stagione possa attenuare il contagio, facendo scemare queste perplessità. Sono fiducioso sulla ripresa».
Sui nuovi positivi in Serie A:
«A mio parere potrebbero non essere contagi recenti, ma soggetti mai guariti. Questa infezione è subdola, se non sviluppa sintomi non stimola l’organismo di produrre anticorpi».
Tornare ad allenarsi, dichiara, può essere una forma di tutela per i calciatori.
«Paradossalmente sì. Dopo tamponi e test sierologici, con il gruppo-squadra blindato, si ritroverebbero in una situazione ideale. E poi, quando si tratterà di tornare in campo, affronteranno avversari altrettanto tutelati e “puliti” dal virus. Per questo non vedo facilità di contagio durante le partite. È quello che sta intorno – pullman, aereo, albergo, tifosi – che può rappresentare un rischio. Ma gli staff medici sapranno fare buona guardia».
Il medico dà anche una spiegazione alla lunga positività di Dybala.
«È qualcosa che vediamo spesso, soprattutto nei giovani. Proprio perché sono nella maggior parte asintomatici e ci mettono più tempo a smaltire l’infezione. Le persone che hanno subito una carica virale maggiore invece guariscono “meglio”, nel senso che sviluppano anticorpi. Che sono immunizzanti, come ha dimostrato una recente pubblicazione su Nature».
La cosa che più preoccupa i medici sportivi, dice, è il rischio di subire strascichi a lungo termine.
«Alcuni studi mostrano effetti a livello cardiaco e polmonare. Ecco perché tutti i soggetti infetti sono sottoposti a test (ecodoppler, test cardio-polmonare, Tac, risonanza cardiaca) che vanno a verificare l’eventualità – per fortuna remota – di una miocardite o di una fibrosi polmonare che può ridurre la capacità aerobica».
Ma aggiunge che non ci sono precedenti che possano determinare l’inidoneità sportiva dei guariti.
«Non ci risultano casi del genere tra gli atleti professionistici. Se dovesse succedere, c’è anche da dire che la vita riserva sempre sgradevoli eventi…».