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L’esperto di diritto sportivo: «Non pagare le mensilità nel periodo di fermo è illegittimo»

Il Corriere dello Sport intervista l’avvocato D’Onofrio: «Il rapporto di lavoro non si è interrotto. Le società non sono legittimate a sollevarsi dall’onere del pagamento. I tagli già concordati possono essere mantenuti o rivisti»

L’esperto di diritto sportivo: «Non pagare le mensilità nel periodo di fermo è illegittimo»

Il Corriere dello Sport intervista l’avvocato Paco D’Onofrio, esperto di diritto sportivo. La sua opinione è che il rapporto di lavoro tra calciatori e club non si è interrotto durante la pausa del campionato per la pandemia. Se la Serie A riprenderà, gli stipendi vanno pagati.

«Non sappiamo ancora se il campionato continuerà, ma i segnali vanno in questa direzione. Quindi se la Serie A come sembra riprenderà, allora ci sarà continuità nel rapporto di lavoro e le società non saranno legittimate a imporre tagli o blocco degli stipendi. Poco importa se succederà regolarmente o con i play off: quelle sono modalità organizzative».

I calciatori che non hanno ricevuto gli stipendi di marzo e aprile potrebbero richiederli.

«Certamente, i calciatori meritano lo stipendio intero perché la ripresa garantisce continuità nel rapporto professionale. Scusi, ma d’estate anche se vanno a Formentera i calciatori sono pagati, no? E lo stesso avviene durante la sosta di Natale».

Nel caso in cui i tagli fossero già stati concordati,

«le parti possono mantenere quegli accordi o – liberamente – rivederli. Il problema è per le società che non hanno trovato un accordo con i calciatori e in modo – diciamo intransigente hanno bloccato gli stipendi, evidenziando un’impossibilità nei pagamenti. Non pagare le mensilità nel periodo di fermo è illegittimo».

I club, continua, non possono appellarsi al rapporto di lavoro interrotto, perché non c’è stata interruzione.

«Non si è interrotto. Anzi, le società a molti giocatori hanno imposto di rimanere in città, hanno invitato i calciatori ad osservare un regime alimentare congruo, spesso con catering organizzati dagli stessi club con consegna a domicilio, poi li hanno chiamati ad allenamenti individuali e di gruppo: tutto questo non legittima la società a sollevarsi dall’onere del pagamento. Il fattore della partita è una voce eventuale del rapporto, il pagamento viene fatto in base ad un’intera stagione sportiva».

Per i bonus, invece, il discorso è diverso.

«I gol, gli assist, le presenze sono voci aleatorie, quindi se non viene raggiunto un certo obiettivo non determinano un pagamento».

Sui contratti dei calciatori, l’avvocato ricorda che la Fifa ha suggerito di prolungarli. Non solo.

«Ha preventivamente autorizzato – al buio, diciamo così – ogni federazione a prevedere, in base alla situazione sanitaria del paese di riferimento, un termine della stagione sportiva successiva al 30 giugno. Di fatto c’è già una prima sicurezza costituzionale sportiva: e cioè che ogni federazione sui contratti è libera».

La cosa rischia di generare caos qualora l’acquisto-cessione avvenga tra federazioni diverse.

«Facciamo che Balotelli abbia un’offerta dalla Premier. Però magari in Italia il campionato finisce il 30 agosto e in Inghilterra il 30 luglio. A chi appartiene il giocatore nel periodo di mezzo? Certo, ci può essere un accordo economico interno tra società, possono negoziare e prevedere lo slittamento, ovviamente a danno della società che vende. Ma credo che debba intervenire la FIFA individuando una data comune».

E conclude:

«Questo perché le chiusure dei vari campionati dipendono dai governi politici. Guardi, il calcio ha sempre goduto di autonomia e indipendenza, si è sempre dato strumenti e regole proprie, ora evidenzia una fragilità nuova perché non può decidere autonomamente».

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