Il commento di Benni Casadei Lucchi. Meno male che il protocollo era stringente, sennò chissà cosa sarebbero diventate le partite galeotte a Formello. Se in Germania riaprono è perché i crucchi le regole le rispettano
Meno male che il protocollo per la ripresa studiato dal comitato tecnico scientifico era integralista, scrive Benni Casadei Lucchi su Il Giornale. Se non lo fosse stato la partitella tre contro tre della Lazio a Formello chissà cosa sarebbe diventata.
“Sarebbe stata molto meno ella e molto più partita. Altro che tre biancocelesti contro tre che fanno sei e con il riporto di due c’è spazio per l’allenatore e qualcun altro. Con un protocollo arrendevole di stampo über alles ne avremmo contati cinque contro cinque, sette contro sette, nove, anche undici contro dodici giusto per provare che effetto fa l’uomo in più. Perché siamo così, siamo italiani. Siamo quelli della mascherina sul mento e del casco slacciato, quelli del povero presidente Gabriele Gravina, povero, sia ben chiaro, perché in queste settimane si sta ammazzando di pazienza e diplomazia per riuscire a intravedere una luce in fondo al tunnel del calcio in lockdown”.
Gravina deve combattere contro Spadafora e Malagò, contro i club che non vogliono i ritiri, contro i calciatori e i medici.
“In un clima simile, Gravina avrebbe fatto volentieri a meno delle partitelle galeotte, di nominare ispettori, così come delle uscite maldestre del dottore laziale che ha smentito e non ha smentito l’accaduto”.
Le partitelle galeotte della Lazio, continua,
“ci ricordano che siamo un popolo di furbi, che se in Germania riaprono è perché i crucchi le regole le rispettano“.
Invece noi,
“giochiamo partitelle di nascosto provando a fuggire da Alcatraz una manciata di giorni prima della
scarcerazione. Il che, a pensarci, non è poi tanto da furbi”.