Al CorSport: «Un positivo non impone lo stop. In 72 ore si hanno risultati certi. Per i calciatori non si può parlare di virus letale»
Sul Corriere dello Sport un’intervista a Roberto Testi, capo del Dipartimento di prevenzione delle Asl di Torino e presidente dell’Unità di crisi della Regione Piemonte. Parla della questione etica relativa ai tamponi da effettuare ai calciatori.
«Dal mio punto di vista non è necessario, anzi è sbagliatissimo, gridare allo scandalo quando si far riferimento alla disponibilità di tamponi per i calciatori, tanto per fare un esempio. Al di là del fatto che ormai ci sono molte meno difficoltà di settimane fa per la reperibilità di materiali e reagenti, stiamo parlando di serie A, un sistema dove ci si può permettere delle spese di un certo tipo senza alcun problema. Allo stesso modo anche altre aziende importanti stanno provvedendo ad acquisti simili».
Testi analizza anche le norme contenute nel nuovo Dpcm. Più che ciò che è permesso o obbligatorio, dice, occorre capire cosa non è vietato. E cita il caso Ibrahimovic e del doppio tampone rapido.
«Non è scritto da nessuna parte che chi rientra dall’estero possa fare due tamponi in 48 ore e poi ottenere l’autorizzazione a interrompere l’isolamento di due settimane, eppure non è stata violata nessuna regola. È un lavoratore in salute che è stato ritenuto idoneo a riprendere la propria attività senza che potesse rappresentare un rischio per sé e per gli altri, semplicemente si tratta di una prassi che già negli scorsi mesi poteva essere applicata. Come dicevo prima, senza che ci sia nulla di immorale o scandaloso».
Testi affronta il problema di un possibile positivo in corso di allenamenti.
«Credo che possano bastare 72 ore dall’ultimo contatto diretto per avere la realistica certezza che l’esito negativo del tampone possa essere ritenuto valido».
La quarantena forata per tutta la squadra sarebbe eccessiva.
«Non dimentichiamoci che parliamo di atleti in salute, giovani, che non corrono rischi eccessivi. Possiamo dire che per calciatori costantemente attenzionati non si possa parlare di virus letale».
Nel caso in cui ci fosse un positivo dopo la ripresa del campionato, dice, si dovrebbe andare avanti.
«Si isola il positivo e in breve tempo si può capire se compagni o avversari sono stati a loro volta contagiati. Quello del calcio di serie A è un sistema che prevede la possibilità di monitorare quotidianamente tutti i calciatori, che si parli di tamponi o test sierologici. Ci sono le risorse economiche per riuscire a gestire il tutto senza far correre rischi considerevoli ai protagonisti coinvolti».