ilNapolista

Colomba: «Questo calcio non mi manca. È un calcio più parlato che giocato, è finanza»

A Repubblica Bologna: «Non ho guardato la Bundesliga. Il calcio va riumanizzato, oggi torna solo perché non riesce a vivere senza diritti tv»

Colomba: «Questo calcio non mi manca. È un calcio più parlato che giocato, è finanza»
Repubblica Bologna ospita un articolo di Franco Colomba ex allenatore anche del Napoli.
Colomba scrive che lui non ha guardato la Bundesliga
Falso, invece sono stato falso: a guardare il campionato tedesco non ci pensavo per niente e non l’ho fatto. E non tanto perché i tedeschi non mi stanno tanto simpatici. La verità è che questa pandemia mi ha fatto capire che le cose che mi mancavano di più non erano quelle inerenti al calcio, ma quelle legate agli incontri negati, agli abbracci mancanti degli amici alla cena del venerdì, alla passeggiata in centro (oltre 200 metri da casa) anche senza cane, al poter andare a Loiano (casa mia…), restarci quanto mi pare e senza autocertificazione, al trovare un bar aperto per un caffè, un cinema, una cena al ristorante… Cose normali.
A Colomba, che ha vissuto di calcio, il calcio non manca. Il calcio manca a chi grazie al calcio ha uno stipendio a fine mese. Lo scriviamo noi. E vogliono far passare la loro per una battaglia di libertà. È invece una legittima battaglia di sindacale. Hanno paura di non avere più soldi a fine mese. Tutto qua.
Scrive Colomba:
Oggi è un calcio più parlato (e da troppi) che giocato, si ragiona solo con la calcolatrice in mano, sempre meno gioco e sempre più finanza, il “merito” sempre dopo il Dio denaro. In questi giorni ho riletto il libro di Allegri, mi ritrovo completamente con la sua interpretazione del ruolo di tecnico, troppo spesso legato a futurismi improbabili che ne cancellano la concretezza a vantaggio della fumosità.
E ancora:
Chi gestirà il calcio in futuro deve capire che si deve “riumanizzare” questo sport, recuperarne i valori, riavvicinarlo alle persone. Credo che questo mondo debba darsi una regolata, essere capace di camminare da solo, ridurre i costi, lavorare meglio sui giovani, puntare meno sui calciatori stranieri. In sintesi, meno esaltazione e più passione, meno dipendenza dal progetto televisivo che lo tiene in scacco, che lo fa sì incassare (e spendere), ma purtroppo fino a quando può e vuole lui. Altrimenti un bel giorno ci si sveglia e si scopre che per far crollare questo mondo dorato basta uno straccio di virus che in poco tempo azzera tutto quanto.
ilnapolista © riproduzione riservata