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«Abbiamo subito uno choc. Adesso avremo più paura ad uscire. Aumenteranno agorafobia e ipocondria»

Lo psicologo Maldonato a Libero: «Ora amiamo gli spazi ristretti. Sospetteremo di tutti. Ma meno male che ci siamo confrontati finalmente con la dimensione della solitudine. Eravamo troppo abituati alla finta socialità» 

«Abbiamo subito uno choc. Adesso avremo più paura ad uscire. Aumenteranno agorafobia e ipocondria»

Libero intervista Mauro Maldonato, docente di Psicologia clinica al dipartimento di neuroscienze della Federico II di Napoli. Dice che da oggi, con l’inizio della Fase 2, avremo tutti più paura di uscire di casa.

«La nostra mente ha subito un sisma. Tutte le nostre condotte ordinarie sono state messe in discussione. È come accade quando qualcosa ci viene sottratto, abbiamo dovuto mettere in campo delle reazioni ‘adattive’».

Come se avessimo subito uno shock, dice

«Sì, uno choc. È come se dopo un’ubriacatura generale, dove tutti potevamo tutto, dove la socialità era a livelli massimi, di colpo ci fosse stata imposta una pausa».

Adesso sarà complicato riprendere la vita di sempre. L’aspetto più difficile sarà il riequilibrio del tempo.

«Il nostro tempo interiore ora è più lento rispetto a quello del mondo esterno. Dovremo sincronizzarci con il flusso della vita per tornare al lavoro con gli altri, a fare le cose insieme ma separati».

Alla Federico II è stato attivato un servizio di supporto psicologico di emergenza. Maldonato racconta che vi si sono rivolte già 600 persone, e che mostrano sintomi di depressione e ansia.

«L’agorafobia è una delle manifestazioni più evidenti di questa situazione che potremmo definire in termini scientifici post traumatica. Ma quella finora emersa è solo la punta dell’iceberg».

Ci sarà un grande numero di persone che avranno bisogno di supporto psicologico, spiega, e quasi tutti potremmo soffrire di agorafobia.

«Sono già tanti i casi che manifestano questo tipo di disturbo. L’agorafobia è la paura degli spazi aperti. Pensiamo andare in piazza, al parco, al mare. Siamo diventati amanti degli spazi ristretti. Si sta diffondendo, mi lasci passare il termine, una forma di claustrofilia».

Soprattutto per paura del contagio.

«Sospetteremo di tutti, ci terremo alla larga da tutto ciò che possa generare in noi il sospetto di qualche rischio. Nulla sarà come prima, le relazioni con gli altri saranno dettate da dinamiche completamente diverse».

Sono in aumento, continua, anche gli ipocondriaci.

«Con forme anche molto severe di ipocondria. Asintomatici capaci di elucubrazioni incredibili sul proprio stato di salute. C’è chi controlla che la temperatura corporea si mantenga sempre sotto un certo livello».

Superare l’agorafobia sarà difficile. Si svilupperà la tendenza a rimanere tutti più in casa.

«La sola rappresentazione di doversi muovere in mezzo al mondo genererà angoscia. Per questo molti pazienti stanno sviluppando come contrappunto un amore per gli spazi chiusi, dove l’angoscia non si manifesta».

L’esserci confrontati con la dimensione della solitudine, però, non è una cosa negativa.

«Io dico: ma viva Dio che ci siamo confrontati finalmente con la dimensione della solitudine. Non è tutto negativo in questo senso. Eravamo troppo abituati alla finta socialità, al dover essere tutti connessi con tutto. L’angoscia non è un elemento da rifuggire per forza. È una straordinaria opportunità, una palestra interiore incredibile, quando non ha risvolti psicopatologici seri. Abbiamo avuto la possibilità di riflettere su noi stessi come non mai».

Il nostro cambiamento, però, non sarà definitivo. La natura umana non cambia.

«Non credo che la nostra socialità sia destinata a morire. Esiste un aspetto insopprimibile nell’uomo: la propensione verso l’altro. Certo, questo spettro resterà per lungo tempo tra noi. Ci siamo mostrati vulnerabili».

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