Al Corsera. «Bisogna dire una verità scomoda. Nessun ritorno alla normalità prima di giugno luglio. Non è il momento di rilassarsi, l’Italia deve attrezzarsi per il dopo»
Il Corriere della Sera intervista Alessandro Vespignani, 55 anni, fisico informatico, è il direttore del «Laboratory for the modeling of biological and Socio-technical Systems», alla Northeastern University di Boston.
«L’Italia si sta avvicinando a un punto di inversione, ma dobbiamo avere pazienza e usare queste settimane per programmare il futuro che non potrà che essere emergenziale».
Ovviamente conferma che «la curva dell’Italia è in frenata» ma invita a stare sempre in guardia.
«Dipende da come ci comporteremo tutti quanti. Ho visto immagini di città affollate in questi giorni, magari dove il contagio non si è ancora diffuso. Sbagliato, non è il momento di rilassarsi. Dobbiamo, invece, insistere. Abbiamo davanti l’esempio della Cina. Lì il “lockdown” è durato tre mesi».
«Dobbiamo cominciare a dire agli italiani una verità scomoda. Mi rendo conto che è difficile farlo con un Paese praticamente in ginocchio, ma non possiamo illuderci di tornare alla completa normalità a giugno o a luglio. Queste sono le settimane in cui l’Italia deve dotarsi di un’infrastruttura di controllo che neanche immaginava fosse necessaria quattro settimane fa. Qui l’esempio è quello della Corea del Sud. Dovremo essere in grado di mantenere le cautele necessarie di distanza sociale, ma soprattutto di tracciare i casi positivi, eseguire i test per isolare le possibili persone infettate. Occorre essere in grado di fare i tamponi porta a porta».
«Oggi New York si trova nella situazione in cui era l’Italia un paio di settimane fa. Il resto degli Stati Uniti tra un paio di settimane si troverà nella stessa posizione in cui è adesso New York. Ma qui sembra che nessuno voglia imparare qualcosa dall’esperienza degli altri».