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Nulla è chiaro della app Immuni. Se e come funzionerà né chi ci ha messo le mani (la Cina?)

Su Repubblica. Il Copasir avvia un’indagine. C’è il pericolo di violazione della privacy e Google ed Apple hanno paventato uno stop. Gli italiani potrebbero ritrovarsi nella fase 2 senza tracciamento dei contagi

Nulla è chiaro della app Immuni. Se e come funzionerà né chi ci ha messo le mani (la Cina?)

L’app per il tracciamento dei contagi è stata scelta. Si chiama Immuni, come abbiamo scritto qualche giorno fa. Ma non si sa esattamente quando potrà essere scaricata dagli italiani, scrive Repubblica. Né come funzionerà nello specifico. E ci sono molti dubbi circa la gestione dei dati sensibili. Ad avanzarne è soprattutto il Comitato parlamentare per la sicurezza, il Copasir, che ha avviato un’indagine conoscitiva. Si vuole approfondire, spiega in una nota il presidente, Raffaele Volpe, sia “gli aspetti di architettura societaria” sia “l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione”.

L’app è sviluppata gratuitamente dalla start up Bending Spoons in collaborazione con la spa Jakala e il Centro Medico Santagostino. La cosa che preoccupa il Comitato è la presenza, nella compagine societaria di Bending Spoons, di una holding di investimenti delle famiglie Pao e Cheng, di Hong Kong.

Il timore del Copasir è che possano esserci intrusioni informatiche da parte di apparati esteri. Ma dietro l’attenzione alla composizione societaria della nuova app, scrive il Corriere, ci potrebbero essere ragioni politiche.

“Dietro c’è un pezzo del salotto buono della finanza italiana: il fondatore della società di marketing Jakala è infatti Matteo De Brabant già tra i sostenitori alla corsa di Beppe Sala per Palazzo Marino. Tra gli azionisti di Jakala e di Bending Spoons compare la H14 dei figli di Berlusconi, il finanziere di fede renziana Davide Serra e Luca Foresti, ad del Centro medico Sant’Agostino, con all’attivo una partecipazione alla Leopolda”.

Le modalità con cui Immuni è stata scelta, non del tutto trasparenti, non aiutano a fugare i dubbi. Gli atti e i pareri interni alla task force governativa non sono stati resi pubblici.

Secondo quanto racconta al quotidiano una fonte interna,

«Immuni è stata scelta nonostante non esistesse una versione da provare».

Il quotidiano continua sollevando timori circa il pericolo che la privacy degli italiani non sia garantita.

Immuni funziona tramite Bluetooth. Ci avvertirà con una notifica ogni volta che entreremo in contatto con un contagiato.

“Il problema è, appunto, la notifica. I meccanismi disponibili per far girare la app anti-Covid sono due: un server centrale, gestito dai governi, che riceve in maniera anonima i dati di tutti e invia una notifica in presenza di un contatto. Un secondo sistema decentralizzato dove è il singolo telefono a verificare, volta per volta, la catena degli incontri. Nel primo caso i dati sono tutti nelle mani dell’autorità sanitaria che sa anche quanti contatti ci sono stati tra contagiati e sani, nel secondo, invece, solo il proprietario dello smartphone sa se c’è stato o no un contatto pericoloso”.

Immuni adotta il primo modello, al quale si oppongono proprio Google e Apple che ritengono la strada italiana troppo pericolosa.

“Tanto che la app a oggi rischia di non funzionare sui loro sistemi operativi, circostanza che in queste ore gli sviluppatori di Immuni stanno cercando di evitare. Dando, per esempio, rassicurazioni sul trattamento dei dati trasmessi al server che, assicurano, sarà sotto il controllo pubblico e si troverà in Italia. Seppur il soggetto che terrà il maxi archivio è ancora da scegliere”.

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