ilNapolista

Mantovani: «Tanta condivisione sui vaccini, ma sulla distribuzione i Paesi alzeranno muri»

L’immunologo a Repubblica: «Abbiamo oltre cento gruppi di ricerca al lavoro in tutto il mondo ed è un bene. Ma produrre dosi sufficienti per tutti e condividerle sarà la sfida più difficile»

Mantovani: «Tanta condivisione sui vaccini, ma sulla distribuzione i Paesi alzeranno muri»

Su Repubblica un’intervista ad Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e uno degli immunologi più citati a livello mondiale. Fa il punto sulla situazione dei vaccini anti Covid-19. Si dice ottimista. Ma preoccupato dai «muri che si alzano fra i Paesi. Produrre dosi sufficienti per tutti e condividerle sarà la sfida più difficile».

Non c’è mai stato un momento di condivisione come quello che si sta vivendo adesso, tra gli studiosi, dice. Tutti impegnati per la ricerca del vaccino.

«Abbiamo oltre cento gruppi di ricerca al lavoro in tutto il mondo. Si stanno seguendo strade molto diverse, e questo è un buon segnale. Non abbiamo mai creato un vaccino contro un coronavirus. Sappiamo che ci sono difficoltà tecniche importanti. Avere tanti cavalli impegnati nella stessa gara, ognuno con una tattica di corsa diversa, ci dà ottime probabilità che qualcuno arrivi davvero al traguardo».

Sui tempi.

«Di norma, per produrre un vaccino ci vogliono dieci anni. Noi puntiamo a ridurre il tempo a 12-18 mesi. Sono convinto che ci arriveremo, ma dobbiamo essere disposti a correre piccoli rischi. Negli Stati Uniti si propone di somministrare i candidati vaccini a dei soggetti giovani, a basso rischio, e poi di infettarli con il coronavirus volontariamente per vedere subito se c’è l’effetto protettivo. Non so dire se sia giusto o sbagliato. Ma questa malattia ci sta mettendo di fronte a dilemmi etici non da poco».

Mantovani parla di rischi. Tutti i vaccini ne contengono. Ma l’esperienza della Sars mette gli studiosi sulla buona strada per non commettere troppi errori. I problemi inizieranno quando si passerà alla distribuzione.

«Ricordiamoci quanto è stato difficile importare anche solo le mascherine. E guardiamo a quanti soldi il governo americano sta riversando cash non solo sulle aziende farmaceutiche e biotech Usa, ma anche sulle aziende straniere, purché trasportino i loro siti di produzione negli Stati Uniti. Non è affatto scontato che il vaccino verrà condiviso equamente. L’Italia ha una grandissima scuola, in questo settore. In alcuni casi abbiamo cambiato la storia della medicina, con le nostre innovazioni e industrie. Non è un caso che oggi ci troviamo in prima fila in alcune tecniche per produrre il vaccino o per renderlo più efficace con degli adiuvanti. Ma è vitale in questo momento avere visione strategica e valorizzare le nostre risorse. Non perché dobbiamo essere cattivi con gli altri. Ma per tutelarci e al tempo stesso condividere, come abbiamo sempre fatto in passato».

ilnapolista © riproduzione riservata