Sul Fatto. Dati inesatti, assenza di tamponi e protezioni individuali, mancato governo del territorio. Adesso servono test degli anticorpi, altrimenti sarà un disastro
Gli ordini provinciali dei medici della Lombardia scrivono al Fatto. Una lettera che denuncia la gestione
della Regione firmata dalla coppia Fontana-Gallera.
I medici riconoscono l’ottimo lavoro svolto per il potenziamento delle terapie intensive e semi intensive “per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari”. Ma puntano l’indice sull’assenza di strategie relative alla gestione del territorio. Sono sette i punti che elencano come critici.
Innanzitutto, scrivono, i dati sull’esatta diffusione dell’epidemia sono inesatti. Visto che i tamponi si fanno solo ai pazienti ricoverati e che i morti conteggiati sono solo quelli che hanno perso la vita all’interno degli ospedali. C’è poi il problema legato “all’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”, la “gestione confusa” delle case di riposo. Ma anche la “mancata fornitura di protezioni individuali” a medici e infermieri, che ha portato al contagio e alla morte di tanti tra loro. E ancora “la pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc…)” e anche la politica di non effettuare tamponi agli operatori sanitari. In ultimo, “il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri”.
L’emergenza, continuano, è stata trattata come intensivologica e non in termini di sanità pubblica. Del resto, “la sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate”.
Difficile adesso recuperare, scrivono. Ma fanno alcune proposte.
Subito test rapidi al personale sanitario e, se si trovano gli anticorpi al virus, anche il tampone. Nel caso se ne trovassero di asintomatici, dovrebbero essere posti a lavorare solo in ambienti Covid e solo con protezioni individuali.
Effettuare in modo esteso test rapidi immunologici ai soggetti che operano in ambito extrasanitario, per individuare chi può riprendere il lavoro (sempre dopo aver avuto conferma con il tampone a chi presenta anticorpi al virus). Sarebbe l’unica procedura “atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza”.
Tutte misure da affiancare, scrivono,
“all’uso costante, per tutta la popolazione e in particolare nei luoghi di lavoro, di idonei comportamenti e protezioni”.
Se ripresa può esserci, concludono, potrà essere solo graduale.
“È superfluo segnalare come qualsiasi imprudenza potrebbe determinare un disastro”.