Il professor Pierno (Niguarda) al Giornale: «Sotto sforzo emettiamo più aria e se siamo infetti aumentiamo la possibilità di contagio. Tamponi? Siamo ancora al limite, non c’è abbondanza per il calcio»
«Un protocollo sicuro al 100% non c’è, si può solo ridurre al minimo la trasmissione del virus».
Parola di Carlo Federico Pierno, professore di Microbiologia all’Università di Milano e direttore del dipartimento Medicina di laboratorio al Niguarda. Oggi Il Giornale lo intervista. Allenarsi in gruppo espone al contagio, dice.
«Durante lo sforzo emettiamo molta più aria, se siamo infettati emettiamo più aria contaminata. Quindi anche a debita distanza le possibilità di infettarsi sono maggiori e chi ci sta vicino è più a rischio. Il virus è molto infettante, gli sport di contatto non sono indicati. La doccia a fine seduta può essere un problema senza spazi adeguati e la clausura in ritiro non estrometterebbe del tutto il virus».
Il pericolo può solo essere ridotto al minimo.
«Testando gli atleti e facendo sì che durante lo sforzo siano distanti: un discorso molto più semplice per discipline come nuoto o tennis. Test sierologici e tamponi vanno effettuati secondo le procedure corrette, ben sapendo che uno sportivo appena infettato può essere negativo sia agli anticorpi sia al tampone. Ed è un fattore da considerare, anche se il virus adesso circola meno che in passato».
Da medico si schiera contro la ripresa degli allenamenti.
«Non è un giudizio politico o sportivo, ma da medico guardo con timore alla ripresa di attività sportive di contatto quando non abbiamo certezze sul fatto che gli atleti siano al sicuro».
Sulla ripresa il 18 maggio si mantiene cauto.
«In questa fase non darei date. Se l’evoluzione dell’epidemia porterà a contagi minimali e se verrà messo in piedi un buon sistema di controllo degli sportivi, la data può essere ragionevole. Altrimenti sarà troppo presto».
Sulla questione etica relativa ai tamponi:
«Non c’è più la carenza delle settimane passate, ma siamo ancora al limite e sussiste un problema di selezione. Non sta a me decidere, di certo non c’è ancora abbondanza per il calcio e gli sport di squadra».
Sulla questione delle responsabilità penali in cui incorrerebbero i medici sociali.
«La questione è spinosa. In medicina non c’è il rischio zero. Il pericolo va ridotto al minimo livello possibile, oltre non si può andare. C’è una pandemia in atto e le precauzioni potrebbero non bastare. Dev’essere chiaro anche per eventuali conseguenze».