L’Università di Honk Kong ha pubblicato su Lancet uno studio che dimostra che aggiornando la definizione di “caso” i numeri dell’epidemia crescono di cinque volte
Questione di definizioni. Se in Cina avessero usato l’ultima descrizione scientifica di “caso”, gli infetti da Covid-19 della prima ondata epidemica nel Paese nel quale è scoppiata la pandemia sarebbero cinque volte quelli ufficializzati dal governo. 232.000 invece che 55.000.
Il ricalcolo è stato fatto degli esperti della scuola di sanità pubblica dell’Università di Hong Kong, e pubblicato su Lancet. La Cina finora ha sempre parlato di oltre 83.000 casi. Ma la commissione sanitaria nazionale cinese ha pubblicato sette versioni della definizione di “caso per Covid-19”, tra il 15 gennaio e il 3 marzo. E lo studio ha scoperto che questi cambiamenti hanno avuto un “effetto sostanziale” su quante infezioni sono state rilevate.
Lo studio di Hong Kong – scrive il Guardian – ha analizzato i dati fino al 20 febbraio raccolti dalla missione dell’Organizzazione mondiale della sanità a Wuhan. Ha stimato che ciascuna delle prime quattro modifiche alle definizioni ha aumentato la percentuale di casi rilevati e conteggiati, tra 2,8 e 7,1 volte.
“Se la quinta versione della definizione del caso fosse stata applicata durante l’epidemia con sufficiente capacità di test, abbiamo stimato che entro il 20 febbraio 2020, ci sarebbero stati 232.000 casi confermati in Cina, e non i 55.508 casi confermati riportati”, dice lo studio.
Con l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e delle capacità di laboratorio, la definizione di “caso confermato” si è ampliata includendo casi con sintomi più lievi o senza collegamenti epidemiologici con Wuhan o altri casi noti. Il rapporto afferma che questi cambiamenti dovrebbero essere presi in considerazione quando si guarda al tasso di crescita dell’epidemia e ai tempi di raddoppio.