Sul Corsport. In Nicaragua nulla si è fermato per il virus. «I pugili devono mangiare. Non possono starsene chiusi in casa a non far niente»
In Italia il pezzo del giorno, della settimana, forse della pandemia, porta la firma di Stefano Semeraro sul Corriere dello Sport. Non è solo sport. C’è tutto: la povertà, l’ignoranza, la disperazione, il cinismo. Racconta un pezzo di vita. È una sineddoche, quel che in fondo dovrebbe essere il giornalismo: una sineddoche. Anche qualche altro giornale straniero ha riportato la vicenda.
Semeraro racconta quel che accade a Managua, Nicaragua. Dove lo sport non si è fermato (a proposito: qualche pensatore di casa nostra dovrebbe citare il modello Nicaragua nelle proprie articolesse sul liberalismo alla vaccinara, anziché ripararsi dietro l’ombrello svedese che fa molto chic). In Nicaragua si va a scuola. In Nicaragua si gioca a calcio, a baseball, si lotta, si continua a organizzare gare di triathlon.
In Nicaragua si fa a cazzotti. In un modo singolare.
Con i “disinfestatori”, pronti a spruzzare disinfettanti sui corpi dei pugili con una canna, come fossero piante di pomodori da difendere dalla malerba e dagli insetti.
Sabato scorso, al Polideportivo Alexis Arguello, si è svolta una riunione di pugilato. Semeraro riporta le dichiarazioni del promoter Rosendo Alvarez, detto “El Bufalo”.
«Il Nicaragua è una nazione povera, i pugili devono mangiare. Non possono starsene chiusi in casa a non far niente». Mors tua, business mio.
Ingresso gratis.
A chi entrava, infanti compresi, è stata misurata la temperatura con i termoscanner; hostess in jeans emostatici e risicati top rossi distribuivano igienizzanti, mascherine, guanti e sorrisi d’occasione.
Ma il clou sono i pugili. Semeraro racconta che hanno indossato le mascherine al peso, negli spogliatoi, e per le interviste. Non sul ring. L’arbitro ha guanti e mascherina.
El Bufalo dice che i controlli medici sono rigorosi, anche se non c’è alcun test per il coronavirus: 1nessuno di loro si è ammalato durante l’allenamento».