Su Repubblica. lo studio che compara il numero di morti tra il 22 febbraio e il 4 aprile di quest’anno a quelli degli anni precedenti. A Bergamo i morti sarebbero il doppio. Molti decessi sono frutto del collasso degli ospedali
Che i numeri dei morti ufficiali da Covid-19 non fossero esaustivi lo hanno ripetuto in tanti, più volte. Oggi la conferma arriva da Repubblica, che scrive dello studio prodotto ieri da un gruppo interdisciplinare di scienziati e basato sui dati Istat. Dal confronto dei numeri mancherebbero all’appello 10mila morti, di cui 7mila nella sola Lombardia. A Bergamo i morti sarebbero il doppio di quelli conteggiati dalla Protezione civile.
Lo studio ha preso in esame i dati Istat sulla mortalità in Italia tra il 22 febbraio e il 4 aprile e li ha comparati con quelli delle stesse settimane degli anni precedenti.
Negli anni scorsi, in Lombardia, sono morte circa 11 mila persone. Tra il 22 febbraio e il 4 aprile 2020, nel pieno dell’emergenza coronavirus, i morti sono stati invece 27mila. 16 mila in più. Ma di questi, solo 9 mila sono stati riconosciuti ufficialmente come causati dal Covid-19. Ne mancano dunque all’appello 7mila. In Emilia Romagna sono invece 1100 i decessi non certificati Covid e 400 in Liguria.
Guardando la situazione dell’Italia nel suo complesso, gli studiosi rilevano che il 4 aprile di quest’anno
«il numero reale di decessi in eccesso dovuti all’epidemia (in modo diretto ed indiretto) era circa 25.000».
Mentre il bollettino della Protezione civile del 4 aprile ne registrava 15.362. Mancano 10mila morti non certificati.
Come sono morte tutte queste persone non conteggiate? La risposta, scrive Repubblica, è in quella parentesi che recita “in modo diretto ed indiretto”.
«Possono essere morti da coronavirus avvenute fuori dagli ospedali e dunque non certificate per questo motivo. Oppure si potrebbe trattare di decessi causati indirettamente dall’epidemia: molte persone, che avrebbero avuto bisogno di cure per altre patologie o incidenti, hanno rinunciato a rivolgersi alle strutture sanitarie perché le sapevano al collasso, o se lo hanno fatto non sono state assistite».
Per capire meglio come stanno le cose, gli studiosi si sono rivolti al sesso delle vittime. Poiché sappiamo che il virus uccide più gli uomini che le donne, sono andati a guardare la distribuzione dei 10mila decessi che mancano all’appello. Hanno scoperto che non c’è una prevalenza netta dei maschi. Segno che avrebbero pesato molto le morti causate “indirettamente” dal coronavirus.
Si tratta di vite che, scrivono gli studiosi, in particolare Enrico Bucci, che fa parte del team,
«si sarebbero potute salvare se i sistemi sanitari fossero stati preparati adeguatamente. Questo dovrebbe far riflettere profondamente su quanto l’organizzazione dell’emergenza e il mantenimento dei servizi essenziali permetta di ridurre l’impatto di una epidemia».
E aggiunge:
«Il picco dei decessi c’è stato alcuni giorni prima di quello che si evince dai numeri ufficiali. Segno che nelle prima fasi dell’epidemia molti morti ce li siamo persi».