Intervista a Scienza in rete al membro dell’Oms: in Italia più casi e morti anche perché siamo un Paese più vecchio e al nord le strutture sono al collasso. All’estero li contano diversamente
“Sì, la chiusura era necessaria”. Perché la “fuga” psicotica da nord a sud ha dato il via ad una autostrada di trasmissione del coronavirus, dal nord dei focolai al sud vulnerabile dal punto di vista delle strutture sanitarie. E perché ora è il momento di contenere per prevenire. Lo spiega molto bene in un’intervista a Scienza in Rete (ripresa in parte da Start Magazine), Walter Ricciardi, membro italiano del comitato esecutivo dell’Oms, ex Presidente del ISS e consulente del ministero della Salute. Secondo Ricciardi, all’estero l’epidemia è solo all’inizio, e a breve l’Oms potrebbe dichiarare ufficialmente la pandemia.
Ricciardi si sofferma anche sulle differenze di gestione dell’emergenza, sulle statistiche contrastanti e sullo scenario anche europeo che si aprendo. A cominciare dai numeri: l’Italia è linea solo con l’Iran, altrove va molto meglio.
“Questo lo si spiega con un insieme di fattori. Il primo è che noi in questo momento probabilmente sovrastimiamo la mortalità perché mettiamo al numeratore tutti i morti senza quella maniacale attenzione alla definizione dei casi di morte che hanno per esempio i francesi e i tedeschi, i quali prima di attribuire una morte al Coronavirus eseguono una serie di accertamenti e di valutazioni che addirittura in certi casi ha portato a depennare dei morti dall’elenco. Di fatto capita che accertino che alcune persone siano morte per altre cause pur essendo infette da coronavirus. Noi invece, per i noti motivi di decentramento regionale, ci atteniamo a classificazioni dettate dalle regioni e soltanto nell’ultima settimana stiamo cercando di introdurre un correttivo con una valutazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, che però non ha a disposizione le cartelle cliniche e quindi fa fatica a entrare nel merito. Tutto il meccanismo insomma è estremamente farraginoso. L’ISS, in altre parole, per il decreto ha il potere di investigare ma deve mandare i NAS per avere le cartelle. Non so se mi spiego… Peraltro il carattere maniacale dell’accertamento delle cause di morte presente in altri Paesi europei ha chiare motivazioni di reputazione e di comunicazione.
La seconda ragione di un tale differenza di mortalità fra noi e gli altri dipende dal fatto che noi la sovrastimiamo perché al denominatore mettiamo soltanto i casi positivi come definiti dall’organizzazione Mondiale della sanità, mentre se comprendessimo tutti quei soggetti che stimiamo essere positivi la mortalità risulterete molto inferiore. I cinesi, per esempio, che nella seconda fase dell’epidemia (fuori dalla provincia di Hubei, ndr.) hanno cercato di fare test diagnostici a tutti, hanno rinvenuto una letalità che oscilla fra il 2 e il 3 per cento.
Un altro elemento della maggiore mortalità italiana dipende dalla nostra demografia, basti dire che l’età media dei pazienti cinesi ospedalizzati è di 46 anni, mentre la nostra è molto più alta. È chiaro che l’età più avanzata è un elemento predisponente a una maggiore mortalità. Infine, ma non per importanza, c’è il fatto che questa mortalità è particolarmente alta in Lombardia, dove ormai il sistema sanitario è veramente sotto stress, per usare un eufemismo. Quando hai Terapie Intensive particolarmente stressate in termini di quantità e di qualità dell’assistenza fai tra virgolette più morti.
Ricciardi spiega anche che per una questione infrastrutturale in Italia non esistono zone “intermedie” di assistenza tra la cura a casa e il ricovero in ospedale, per cui i numeri dei ricoveri sono più alti. Ma all’estero l’epidemia sta per esplodere come da noi.
“Per l’Italia mi aspetto ancora almeno due settimane dure, perché come abbiamo visto dall’esempio cinese le misure di distanziamento sociale hanno bisogno di tempo vista l’alta contagiosità del virus. Questa settimana sarà ancora di aumento, purtroppo prevedo che questi movimenti della popolazione da Nord a Sud e la sottovalutazione del problema nelle altre regioni farà emergere casi in altre parti del Paese. Soprattutto la mia preoccupazione sono Roma e Napoli. Prevedo che l’infezione si espanderà anche negli altri Paesi, come Germania e Francia, che seguiranno l’iter italiano. Rimane per me un grosso dubbio per il Regno Unito: i loro scienziati oscillano tra le previsioni catastrofiche di alcuni colleghi dell’Imperial College di Londra (come quelle di Roy Anderson, si veda recente articolo su The Lancet, ndr.) e l’estrema prudenza del Chief Medical Officer, che ritiene le nostre misure esagerate. A mio avviso anche nel Regno unito la situazione sarà intermedia fra questi due scenari. Prevedo che negli Stati Uniti sarà una catastrofe, perché lì il virus sta avanzando incontrastato. Di fatto lì non lo testano neanche, trattandosi di un sistema che non ha grandi risorse di sanità pubblica. Questo potrebbe far sì che fra una settimana-dieci giorni l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiari lo stato pandemico”.