Il patron della Persico Spa scrive a L’Eco di Bergamo: “Abbiamo chiuso tutti i reparti di produzione il 16 marzo, una settimana prima del decreto del governo Conte. Applicate tutte le misure di sicurezza”
Abbiamo scritto più volte del caso di Alzano Lombardo. In una nota del 2 marzo, l’Istituto Superiore di Sanità consigliò di istituire la zona rossa per frenare il contagio di Covid-19 ma nessuno intervenne. Perché la zona è ad alta vocazione manifatturiera-industriale e, secondo tanti, chiudere tutto avrebbe danneggiato l’economia. Si è parlato di pressioni da parte di Confindustria.
Sui social è stato additata, tra i colpevoli, la Persico Spa, di Pierino Persico. E’ l’azienda che lavora allo scafo di Luna Rossa.
L’Eco di Bergamo scrive:
“Proprio il trasporto del nuovo e fiammante scheletro della barca verso l’America’s Cup è stato indicato come il motivo principale del (presunto) pressing contro il via libera alla chiusura ermetica della valle per contenere il contagio”.
Persico ha scritto una lettera al quotidiano.
«La nostra azienda non si è mai opposta alla creazione di una zona rossa della Val Seriana, a proposito dell’emergenza coronavirus (Covid-19). Smentisco le voci, sempre più insistenti, secondo cui la Persico Spa abbia chiesto alle autorità di non creare la zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro (dove sono situati i nostri stabilimenti). In particolare perché dovevamo porre in viaggio l’imbarcazione Luna Rossa, la cui ultimazione non è invece prevista prima di agosto. Le date dunque non tornano. Lo scafo è ancora in costruzione nel nostro stabilimento di Nembro e le voci sono completamente infondate».
L’imprenditore continua:
«Nella fase iniziale, quando la percezione del problema era ben diversa, con bar, ristoranti e mercati aperti e liberamente frequentati dai cittadini, mi ero preoccupato di possibili ripercussioni sugli ordinativi alle nostre aziende. Esattamente come ogni altro buon imprenditore che sente la responsabilità nei confronti delle famiglie che dipendono dall’economia della propria attività».
Poi, dichiara Persico, l’azienda ha adottato tutte le misure di sicurezza necessarie.
«Non appena percepita la gravità del problema ci siamo mossi con netto anticipo rispetto ai decreti. La nostra azienda ha chiuso tutti i reparti di produzione il 16 marzo, una settimana prima del decreto del governo Conte del 22 marzo, per la massima tutela dei nostri dipendenti. Due settimane prima, il 10 marzo, il personale dei settori di progettazione e di amministrazione ha iniziato a lavorare da casa, in smart working. A partire dalla stessa data si trovava in azienda solo il 25% del personale, per il quale sono state poste in essere molteplici misure per garantire una sicurezza pressoché totale. Oltre alla maggiore distanza sul luogo di lavoro, alle mascherine e tutti i presidi del caso, sono stati riorganizzati su turni ridotti di 6 ore, in modo da evitare la necessità della mensa e relativi assembramenti, anche involontari».