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Il Fatto: in Lombardia il virus è più aggressivo, gli anziani incubatori del Covid-19

Sul quotidiano di Travaglio le teorie degli esperti per spiegare i numeri drammatici della regione. Gli ospedali come veicolo di contagio, i dati di comorbidità e la mutazione genetica del virus

Il Fatto: in Lombardia il virus è più aggressivo, gli anziani incubatori del Covid-19

I numeri enormi registrati dalla Lombardia nell’emergenza sanitaria da Covid-19 pongono il problema di un caso relativo alla regione. E’ in particolare la situazione della provincia di Milano a preoccupare. I contagi, qui, sono arrivati a 4.672, ieri si sono aggiunti 868 casi.

Come mai? Possibile che in Lombardia il virus sia diventato più cattivo? Gli scienziati se lo chiedono. Il Fatto Quotidiano ricostruisce alcune delle loro teorie.

Ilaria Capua, virologa, ha condiviso uno studio con ricercatori americani.

“La nostra analisi mostra gravi limiti nei dati attuali, alla luce dei quali qualsiasi scoperta dovrebbe essere considerata preliminare”.

Lo studio delle sequenze complete del virus sono, in tutto il mondo, 367. Troppo poche per individuare “un tracciamento molecolare” del virus. Nel veicolare il contagio potrebbero essere determinanti gli ospedali. Si ipotizza che il virus possa circolare nelle condotte dell’aria vecchie, come accadde con la Sars.

Ma se l’anello debole della catena fossero gli ospedali avremmo comunque numeri inferiori, perché in moltissimi si ammalano a casa. Lo pensano sia la professoressa Maria Rita Gismondo che Massimo Galli, dell’ospedale Sacco di Milano.

“Gli ospedali, come quelli di Codogno e Alzano sono vettori del contagio accidentali, anche se è vero che nel 2015 un caso di Mers all’ospedale di Seul provocò 33 morti e 16mila contagi”.

Il virus, secondo loro, potrebbe essersi modificato geneticamente replicandosi in ceppi differenti. La Gismondo dichiara:

“Il virus in Lombardia uccide di più, la deriva genetica è evidente, dobbiamo, però, capire come questa eventuale mutazione influisce sul paziente”.

Esiste uno studio indiano che ha individuato “quattro inserimenti unici” del Covid-19 sui famosi spikes. Inserimenti che hanno “residui di amminoacidi” del primo virus dell’Hiv. È un dato importante, commenta il quotidiano, perché spiega una parte di quel 15% del virus che si differenzia dalla prima Sars.

Ancora la Gismondo:

“L’ipotesi indiana ha un senso perché con antiretrovirali possiamo abbassare la viralità ma non eliminarla. Il virus ha altri elementi patogeni a noi sconosciuti. Sappiamo che la polmonite è l’infiammazione più evidente, ma ancora non abbiamo trovato una molecole per inibirla. Anche per questo se vogliamo arrivare a qualche certezza dobbiamo collaborare a livello internazionale lasciando da parte le vanità personali”.

A tutto questo si aggiunge l’età avanzata della popolazione lombarda. Sarebbe questo, per la Gismondo e per Galli, a spiegare l’accelerazione dei contagi nella regione.

“Abbiamo moltissimi anziani arrivati a essere grandi vecchi grazie al nostro sistema sanitario che li ha sostenuti con le cure, ma restano pur sempre individui fragili, che non resistono a questo virus”.

Sono gli anziani ad aver fatto da incubatori al virus, conclude il quotidiano. I luoghi in cui il virus è propagato, del resto, sono proprio i bar di provincia frequentati dagli anziani, che poi hanno contagiato le famiglie, moglie, figli e nipoti.

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