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Quagliarella il campione che sarebbe potuto essere

L’ennesimo gol capolavoro induce a una riflessione su un grande talento del nostro calcio che piaceva a Mourinho e che non ha avuto la carriera che avrebbe meritato

Quagliarella il campione che sarebbe potuto essere
Quagliarella

Fabio Quagliarella quando segna al Napoli non esulta, per non sbagliare. Porta rispetto alla sua carriera, e alle otto squadre che la compongono come un Lego. Il suo passato resta evidente in ogni suo gesto, e così quando s’è coordinato per colpire al volo, ieri sera, il sussulto della gente è durato un secondo: il tempo di ricordarsi che è lui, Quaglia, quello dei gol bellissimi. Niente di strano.

Quagliarella ha segnato un ricordo, più che un gol. Ha marcato un territorio della memoria. Lui è quello che vedete, ancora, a 37 anni, ed è quello che sarebbe potuto essere se i “se” si fossero allineati per bene. Con gli eventi in un altro ordine a condizionarne la carriera, staremmo forse parlando d’altro, ma questo vale sempre per tutti, e non solo nel calcio. E’ l’ambiguità della vita che ad un tratto è spuntata dal nulla, come al solito, anche ieri a Marassi, contro il Napoli che sarebbe potuto essere per sempre suo e invece mai.

Ha in curriculum così tanti numeri e bollini di qualità che tocca farne una riduzione concettuale: è il miglior marcatore della Serie A ancora in attività (18esimo in assoluto con 159 reti, a quattro da Boninsegna), ha vinto tre scudetti, ma non è stato tutto il Quagliarella che sarebbe potuto essere. L’abbiamo riabilitato dopo anni di vita tappata da uno stalker che ne ha falsato la traiettoria. Abbiamo avuto bisogno delle carte processuali, e delle sue lacrime, per credergli, e interrogarci tutti su cosa quella vicenda ha tolto a lui, a noi, fondamentalmente al calcio.

Ora che tutti sanno tutto, nei minimi dettagli, ogni volta che Quagliarella fa i “suoi” gol disegnati da un genio non comune, c’è un mondo di rimorsi che resta represso: che giocatore è stato lo sanno tutti, e non tutti l’hanno sottolineato abbastanza, ma che giocatore sarebbe stato se…

È stato un giocatore tondo, un po’ seconda punta, persino ala, molto centravanti. Sempre atipico. Adatto, più che adattato. Piaceva molto a Mourinho. A Mondonico, che lo lanciò al Torino, tutta questa “quagliarellezza” non piaceva, la poca identità non porta mai nulla di buono. O almeno, niente di esplosivo. Invece lui, per quanto sballottato in una trafila lunghissima di trasferimenti mai definitivi (prima di sbarcare alla Samp), ha sempre tenuto accesa la scintilla dell’istinto. In America dicono “when in trouble, go big”, quando sei nei guai, rilancia, provaci. Più o meno. Ecco, Quagliarella ha preso il concetto di errore e l’ha svilito: se sbaglio ci riprovo, ma se va bene sbanco. Così nascono i suoi gol impossibili: ha la tecnica per farli, e la testa per provarli. Alcuni la chiamerebbero arroganza, ma glielo si legge in faccia che è invece una forma di disillusione: la perfezione senza intoppi non esiste.

Gli intoppi, quelli della vita privata che poi s’è fatta pubblica per redenzione postuma, gli hanno alla fine consumato pure i sogni. Sì, ha giocato e ha vinto nella Juve, ma ha preso complimenti e buffi un po’ ovunque. Soprattutto nel posto dove lui voleva stare, crescere, vivere, e invecchiare. E che l’ha ripudiato troppo in fretta, senza sapere. “Quagliammerda” lo chiamavano, mentre si trascinava zitto in un penoso percorso che gli toglieva il sonno e le energie. Ma soprattutto la felicità.

Poi la condanna dello stalker, la rinascita alla Sampdoria, i gol a caterve, la classifica dei cannonieri. Una specie di eruzione ritardata, con lapilli e tutta la festa di incandescenze tenute sopite troppo a lungo. Ecco com’è arrivato a segnare quel gol bellissimo e inutile al Napoli, in una sera del 2020. Partendo da una traversa colpita da centrocampo e due gol “normali” all’esordio al San Paolo con la maglia azzurra, nel 2009.

2009-2020, da Napoli al Napoli. In quest’arco temporale Quagliarella ha vissuto su una linea parallela, che per definizione non ha mai potuto incontrare la traiettoria dell’altra. Ed ha tenuto fuori dai binari un calciatore enorme ma mai raccontato per grandezza. Con quegli zigomi alti, e l’aria triste, ha festeggiato l’ennesimo capolavoro da avversario. Guardando da fuori la rinascita del Napoli, e un po’ la sua.

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