Da Calcio e Finanza. “Uso la logica dell’imprenditore, non del prenditore. Il presidente deve dare l’esempio. E basta con l’assioma per cui più spendi e più vinci. Contano le idee”
“Io sono un presidente che non percepisce un euro, al contrario di qualche mio collega. Uso la logica dell’imprenditore, non del prenditore”. Il collega di Claudio Lotito, anche se il presidente della Lazio non fa nomi, potrebbe tranquillamente essere Aurelio De Laurentiis. I compensi del cda del Napoli, infatti, composto anche dai tre figli Edoardo, Valentina e Luigi e la moglie Jacqueline, sfiorano i 5 milioni di euro.
Lotito durante la ‘conviviale Interclub’, promossa dal Club Rotary Milano Porta Venezia – e ripresa da Calcioefinanza – parla del suo impegno economico nella Lazio e calca molto la mano su un punto che riguarda da vicino De Laurentiis, con il quale ha da sempre un rapporto controverso:
“Io non prendo un euro, l’esempio è la cosa più importante. Nel mio primo cda entrai e chiesi i compensi degli amministratori. Mi dissero ad esempio che il presidente prendeva 500mila euro, l’ad 1 milione, il vicepresidente 400mila, ed era una società a rischio fallimento. Dissi chiaramente “Il culo chi lo mette qui?”.
E ancora:
“Sono stato molto duro, ho costretto tutti a tagliare i costi. La Lazio, se continuerà ad essere gestita come oggi, continuerà a camminare per sempre. L’anno scorso ha realizzato 38 milioni di utile, è stata una delle società nell’ultimo anno con migliore prestazione del titolo in borsa, un patrimonio immobiliare di 200 milioni, un parco giocatori da 600 milioni. Ha prospettiva, è una macchina che va perfezionata continuamente, ma che può camminare da sola”. “Bisogna fare le cose in modo tale che uno costruisca una società fondata su cemento armato, non sulla sabbia. Io sono il proprietario della società ma io coltivo passioni di tutti, ho l’obbligo di preservare e tramandare la passione. Inutile fare il canto della cicala, parto a 100 e poi la società sparisce. Dobbiamo evitarlo”.
“Per migliorare hai due componenti, costi e ricavi, ovverosia non spendere quello che non hai e provare ad aumentare la capacità di spesa. Io all’inizio venivo maltrattato da tutti, mi ricordo frasi tipo “Lotirchio caccia li soldi”, c’era questo assioma per cui più spendi e più vinci. Il principio è semplice, penso che il denaro sia fondamentale ma contano le idee. La Juve fattura 600 milioni, la Lazio 120 ma gli abbiamo tolto due supercoppe. Le motivazioni fanno la differenza, quello che conta è anche la fidelizzazione, la gente deve credere nel progetto. In un contesto di questo genere serve programmare e creare attaccamento nella squadra, non solo con il denaro”.
Per quello, però, aiuterebbe lo stadio di proprietà:
“Io voglio lo stadio, oggi tutti parlano di stadi ma io sono stato il primo a presentare al Comune di Roma il progetto per uno stadio polifunzionale, aperto 24 ore al giorno. Perché lo stadio da solo non rende quanto si pensa, rende solo se c’è dell’altro, con negozi ecc. Si guadagna con ricavi indiretti, con gli sponsor, le royalty sulle vendite dei negozi, poi ovviamente c’è la parte di ricavi da stadio ma non basta. Anche la Juventus ha fatto prima lo stadio poi ha aperto intorno attività imprenditoriali perché non era sufficiente. Siamo uno dei pochi paesi che non ha fatto alcuna politica di investimento sugli stadi, quando presentammo la norma venne deturpata dalla politica”.