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Il mercato aperto tutto l’anno, nuoce gravemente al Napoli

Tenere insieme le cose – carriera e partite – è difficile per giocatori abituati a stupire, ma non a vincere. Se la società non chiarirà il necessario, si fa dura

Il mercato aperto tutto l’anno, nuoce gravemente al Napoli

Scudetti e false partenze

In lingua napoletana si potrebbe dire che se so’ rotte e giarretelle. Ovvero le motivazioni e gli umori che hanno tenuto finora unito il gruppo. Ci mancava solo l’ennesimo pareggio col dimesso Torino.

Capitani litigiosi

I negazionisti possono pure dire che è tutto “ok, ci riprenderemo”, ma lo smarrimento del gioco e dei risultati è evidente. Non è nemmeno frequente vedere il capitano di una squadra relegato in tribuna. Come per l’affaire Totti (fatte le debite proporzioni) i malumori e non solo, in questi casi, non mancano mai. E malinconica diventa pure la disposizione d’animo in campo della squadra, col corollario degli inevitabili errori ed omissioni. Mire sbagliate, qualche distrazione di troppo in difesa, centrocampo liquido anziché arrembante, pali che sembrano sapere già tutto delle traiettorie nemiche. Insomma, ecco la classica e irritante brutta partita moltiplicata per tre, Cagliari, Brescia, Genk col resto di due, le torinesi Juve e Toro.

Restituire alla squadra un campo di battaglia

Il tema vero è: riuscirà il Napoli a stare nel gruppetto maglia rosa delle prime tre? O occorre attrezzarsi per difendere il terzo/quarto posto? Se gioca così, preoccupato, moscio, chissà quanto disturbato dalle negatività di spogliatoio, diventerà difficile pure questo. Lo scudetto è un desiderio astratto. Non ne parliamo. I moduli c’entrano fino ad un certo punto. Quello che occorre risolvere è l’umore della squadra (e dell’ambiente) e la voglia di vincere ogni volta che si può. Occorre restituire un obiettivo, un campo di combattimento, agli azzurri, fino a qualche settimana fa considerati campioni e ora una maniata di sfaticati.

Chissà, per non smarrirsi, che non sia più utile, dopo un bagno di realtà, combattere per un traguardo possibile. Abbiamo tentato di lanciare il guanto di sfida dello scudetto. L’operazione non è riuscita e i punti ma soprattutto il gioco lo stanno a dimostrare.

Ancelotti deve dare una mano ad uscire da questa situazione. Occorre una squadra di titolari e una panchina che aspira e compete per essere tale.

L’aria che tira

Altrove si è festeggiata l“ottima sconfitta” dell’Inter al Camp Nou, a Napoli si è preso atto del brutto pareggio in Belgio. Fa niente che prima c’è stata la bellissima partita (vinta) col  Liverpool. A leggere la stampa nazionale, lode agli sconfitti e processo al Napoli. Tra parentesi, ma Conte non era tra quelli che, alla stregua di Allegri, predicavano la vittoria come unico fine del gioco?

Tra campo e mercato

Questa è l’aria che tira. Per il Napoli è un momento speciale. Non sono i pochi punti di distacco a preoccupare se la squadra funzionasse, ma il groviglio di effetti perversi tra campo e mercato. Tutto comincia a Parigi, dove avrebbe dovuto alloggiare Allan, abbagliato dall’offerta francese, e, guarda un po’, trattenuto a Napoli da quell’avaro di DeLa. In contemporanea si valuta l’ipotetico addìo di Insigne, da tempo affidatosi al Re Mida dei trasferimenti. Entra in campo Raiola, che saggiamente disegna un triangolo giocatore – procuratore – società per gestire al momento opportuno una trattativa che vale oro. Saluta pacificamente Albiol. Al suo posto Manolas, grande difensore, m allergico alla regia. Si cercano l’attaccante e i laterali bassi per gettare alla Enrico Toti la stampella oltre l’ostacolo. Si trova il giovanissimo e maturo Di Lorenzo e, pe ghionta ‘e ruotolo (tradotto “come se non bastasse”), Eljif Elmas, centrocampista metà attacco metà difesa.

In attesa di James Rodriguez (Real Madrid), caldeggiato da Ancelotti, che non arriverà mai, si pesca Hirving Lozano, messicano, una sorta di speedy gonzales di fascia, che arriverà. Accompagnato da Llorente, esperienza, cazzimma e bellezza.

Carletto vuole il ‘calcio posizionale’. E la squadra?

Ed eccoci ad oggi. Tranne Mertens, attaccante ovunque, tutti gli altri sono all’origine specialisti di fascia o mezze ali. Qui nasce l’inghippo. All’ingrosso, il calcio cosiddetto posizionale di Ancelotti (saper giocare in qualsiasi zona  del campo senza ristrette gelosie e  specializzazioni di ruolo) fa discutere. Insigne vorrebbe giocare in un 4-3-3 da vero attaccante posizionato a sinistra e convergente a centro. Ma, al di là della diatriba tecnica, che è costata qualche ruggine tra allenatore e giocatore, già ai tempi di Sarri, il diavolo ci ha messo la coda, intrecciando campo e mercato. Due più due fa quattro e chiunque si è sentito abilitato a pensare: “Se Insigne se ne va (semmai l’anno prossimo), c’è pronto Lozano (finora per la verità impalpabile e fuori dal gioco)”. E’ l’acquisto più dispendioso del Napoli, certo non ‘panchinabile’ per la solita storia delle plus/minusvalenze.

Siamo tutti Mertens

Con quale testa i giocatori entrano in campo, se il mercato è aperto tutto l’anno, tra rinnovi e addii? Tenere insieme le cose –carriera e partite- è difficile per giocatori abituati a stupire, ma non a vincere. Se la società non chiarirà il necessario, sarà difficile puntare allo scudetto (si fa per dire)  o anche gareggiare per terzo-quarto posto. Se si preferisce la magia, la formula da recitare ogni mattina è: “Siamo tutti Mertens”.

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