Sembra ossessionata dalla perfezione, dalla ricerca sistematica dell’efficienza. Un tempo era granata, oggi non è più così
Capitolo 2 – Torino è la moglie perfetta.
Austera e nobile, ricca ed efficiente, raffinata ed autorevole, è la città geograficamente ed antropologicamente più lontana da Napoli. Viverla, per chi ha conosciuto il calore di una metropoli del sud, è un confronto costante; il metro di paragone, impietoso per quanto lampante, tra due modi di intendere la vita e la convivenza.
È questo che mi lascia la lunga chiacchierata con il mio amico Silvio, cuore azzurro da anni trapiantato nella algida capitale sabauda; si parla a bassa voce, può contare su ospedali e mezzi pubblici efficienti, le strade sono ben tenute, le università prestigiose, mi dice. Difficile rinunciare a tanto ordine, alla riservatezza e alla sublimazione di quella cultura del lavoro, dell’“avvitare i bulloni” tanto caro a Crosetti, incarnato nella stessa idea di Juventus.
Perché, forse, in un paradosso al contrario di decrescenziana memoria, c’è una Torino dentro ognuno di noi, dove il senso del dovere prevarica tutto il resto, cristallizzato in una serie di regole di disciplina dove l’io è ingranaggio di un ‘noi’ che produce, fatica e realizza.
Ce lo dice la placida urbanistica cittadina, ordinatamente poggiata ai piedi della catena alpina, in una ampio piano innervato dalle acque del Po, nella quale spicca la Mole Antonelliana, simbolo della modernità tardo ottocentesca della quale Torino s’è sempre sentita portatrice.
D’altronde, fu il Regno di Sardegna a cogliere l’occasione unificatrice che porgeva la Storia post ’48; un miracolo, quello di un regno relativamente piccolo, capace di alimentare il mito risorgimentale cosicchè la conquista della penisola apparisse un incidente inevitabile e non una campagna di annessione.
Così, come i plebisciti che accompagnarono le truppe sabaude e garibaldine, così, in un gioco di specchi, schiere di meridionali hanno abbracciato la fede bianconera, così intimamente legata al culto della fabbrica da aver affascinato operai e padroni, uniti sotto la bandiera bianconera.
Un quasi sconcertante controsenso, quello per cui quelli che una volta erano gli immigrati ai quali non si affittavano che soffitte e cantine perchè numerosi e rumorosi, sono poi divenuti i sostenitori delle ragioni del Capitale, innamorati della cultura della vittoria ad ogni costo.
Silvio, ferventemente antijuventino, mi racconta dell’ormai predominanza del tifo cittadino per i colori bianconeri, spinto dalle schiere di nuovi torinesi: inevitabile, infatti, che il mito granata abbia lasciato il passo ad un trentennio dove la dittatura cittadina ha avuto vita facile.
Torino sembra ossessionata dalla perfezione, dalla ricerca sistematica dell’efficienza: un disco che suona sempre bene, anzi benissimo, ma che non lascia spazio all’improvvisazione o a variazioni sul tema.
Che nel calcio, significa proprio quel motto inventato da Boniperti, forse anche riduttivo ma di certo esemplificativo di un modo di intendere la vita: come in una catena di montaggio, così sul campo da calcio, il risultato finale condiziona giudizi e valutazioni.
In realtà, anche Torino sta cambiando: gli ultimi anni hanno segnato la simbolica fuga verso l’Olanda di FCA, un nuovo governo ostile a cultura e grandi eventi e pure una latente abiura juventina del paradigma Mirafiori, con l’acquisto di Ronaldo, star planetaria non incline al collettivismo.
Che questo muti il carattere della città e lo stile-juve, è difficile ipotizzarlo, tanto è radicata nel comune sentire una tale impostazione di pensiero.
In fondo, chi ha fatto della Juventus e della sua città il nemico perfetto, quello da battere come in un film western, spera che non cambi mai, perchè una vittoria rappresenterebbe sempre qualcosa di più vicino alla rivincita che un semplice traguardo sportivo.
E allora, auguriamo a Silvio di farsi una bella passeggiata notturna lungo il vecchio Filadelfia, con gli occhi rilassati e gonfi di azzurro e magari, nelle cuffie ‘Il Cielo su Torino’ dei Subsonica, che proprio oggi compie 20 anni dalla sua uscita.