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Vogliamo Ancelotti darwiniano: senza titolarissimi, compreso Hamsik

È lecito porsi domande sull’imprescindibilità del capitano. Devono valere le prestazioni, sul modello dei Trials americani, non la storia

Vogliamo Ancelotti darwiniano: senza titolarissimi, compreso Hamsik

Incidenza e percezione

Marek Hamsik ha iniziato da poco la sua nuova vita. Come il Napoli, insieme al Napoli. Ancelotti ha cambiato i connotati alla squadra ed al suo capitano, cercando di trasformarlo prima in un regista di centrocampo a tre, ora in un interno di un reparto a due. Siamo stati tra i primi a scrivere della soluzione alla Pirlo, subito dopo l’arrivo del tecnico emiliano; poi siamo rimasti sorpresi, un po’ come tutti, dal nuovo approccio tattico scelto per il Napoli 2018/2019, almeno in questa prima fase della stagione.

I risultati sono abbastanza positivi, più per il Napoli che per Hamsik. È una questione di percezione e incidenza: nei successi del Napoli (che restano cinque in otto partite di tutte le competizioni), quanto c’è di Marek Hamsik? Certo, uno dei due match affrontati senza il numero 17 è stato sonoramente perduto: a Genova contro la Sampdoria si è visto un Napoli slegato, smarrito, senza una guida. Da lì in poi è partita la rivoluzione tattica di Ancelotti che ha rinunciato al centrocampo a tre ma non ad Hamsik, tranne che a Belgrado e contro il Parma. Nelle sfide di Torino (granata e bianconera) e in casa contro la Fiorentina, Marek era al suo posto. Nel suo nuovo posto. Ed è su questo che si fonda il nostro discorso che parte da una domanda: Hamsik è ancora in grado di essere determinante, anche solo con la prestazione, quando le partite si fanno difficili?

Una vecchia leggenda

Quella di Hamsik che sparisce nelle giornate o serate importanti è un’ombra che segue il capitano. Per alcuni, una leggenda metropolitana. Ciascuno può crederci o meno, ci sono dati a supporto della tesi come altri che sconfessano questa visione. Basti pensare ai gol segnati in Champions al Villarreal o al Besiktas, in partite fondamentali per il Napoli. Quindi, andiamo oltre la suggestione e parliamo di campo, di tecnica, di impatto sul sistema di gioco.

Tema  che abbiamo trattato all’indomani di Juventus-Napoli. Avevamo scritto di un difetto di personalità, parlando di Marek insieme a Zielinski: «Marek e Piotr hanno a referto due occasioni create a testa, ma sono mancati nel momento in cui il Napoli aveva più bisogno di loro, ovvero nella fase di maggior spinta della Juventus. In un periodo di gioco di (inevitabile) sofferenza, la squadra di Ancelotti avrebbe dovuto avere la possibilità di risalire il campo con velocità, qualità, intelligenza; di trovare calciatori tra le linee, con servizi a tagliare lo schieramento avversario. Insomma, tutte cose che avrebbero dovuto far capo ai giocatori più tecnici, più talentuosi. Hamsik e Zielinski, in questo caso, hanno dimostrato di non saper reggere a una pressione elevata, e da parte degli avversari e per quanto riguarda le attribuzioni della squadra. Non a caso, Allan è stato il calciatore con il maggior numero di palloni giocati per il il Napoli. Un totale di 75, secondo i dati della Lega Calcio. Come dire: il fatto che un calciatore come il brasiliano sia stato il riferimento numero uno per lo scarico del gioco, non è un buon segnale».

Il futuro

Da qui parte il nostro ragionamento, la domanda che ci siamo posti sopra. Come dire: contro Fiorentina e Torino, questo Hamsik può bastare. Contro la Juventus, invece, la situazione cambia. Per certe partite, per certi eventi, considerare Marek come intoccabile potrebbe essere deleterio per il Napoli. Ancelotti ha dimostrato di poter fare a meno di Hamsik, il Napoli ha dimostrato di poter esistere anche senza il suo capitano. Non deve essere una regola, ma allo stesso tempo l’intoccabilità di Marek – soprattutto per certe partite – non deve essere assolutamente un dogma. Anzi, secondo noi dovrebbe essere riconsiderata in senso assoluto. Senza dimenticare che già quest’estate le strade (sua e del club) stavano per separarsi. Ovviamente il giudizio di oggi non comporta la riconsiderazione del decennio di Marek a Napoli. Non c’entrano la riconoscenza né altri elementi che in genere emergono quando si affrontano situazioni del genere. Conta l’oggi. Il Napoli è oggi.

Questione di incidenza sul contesto, come detto prima: Hamsik può dirigere tranquillamente il gioco e il traffico contro determinati avversari, ma in altre occasioni i suoi difetti – fisici e difensivi, innanzitutto – possono pesare sul rendimento del Napoli. E allora torniamo al discorso delle gerarchie da modificare, di squadre “titolari” o “di alternative” che non possono più esistere secondo certi termini. È un invito che abbiamo rivolto in più occasioni ad Ancelotti, e che rinnoviamo ancora. E che dopo la Juventus è diventato un tema ancora più sensibile. Non per andare contro Hamsik, ma a favore di un’idea di libertà di scelta per ciò che serve in campo. Noi vorremmo da Ancelotti un approccio darwiniano: giocano i migliori, in base alla partita che c’è da preparare, all’avversario che c’è da affrontare, alle condizioni dei calciatori. Soprattutto rispetto a quest’ultimo punto, che coinvolge l’intera politica di gestione dell’organico. Contano i risultati attuali, non la storia. Sul modello dei Trials americani.

Un nuovo Napoli

Pensiamo a Fabian Ruiz e/o Diawara che ci sembrano più adatti al ruolo di centrocampisti centrali in un reparto a due. Che possono funzionare meglio in alcune partite, come lo spagnolo a Belgrado, perfetto e puntuale nell’organizzare la manovra. Del resto, è anche una questione di ripagare con la stessa moneta: Hamsik ha valutato l’addio, ha messo in discussione la sua fedeltà al Napoli e poi è tornato sui suoi passi. Anche questa è appartenenza, ma il Napoli di Ancelotti non può e non deve aggrapparsi a certe logiche. È stato pensato, scelto e costruito proprio per andare oltre a certi riferimenti.

E poi, come detto: in questo momento, Hamsik non sembra ancora pronto a sostenere un peso tattico ed emotivo così ingombrante. Poi magari Marek si adatta – è un calciatore molto intelligente – e torna ad essere un giocatore decisivo per il Napoli, un irrinunciabile, e allora siamo tutti contenti; in fondo non possiamo non volergli bene. Ma a quel punto sarebbe una scelta giusta, ponderata, che nasce da un processo valutativo. Oggi, quello stesso processo mette in discussione Marek, soprattutto per certi appuntamenti. Come Napoli-Liverpool di domani, ad esempio. Si capirà come Ancelotti ha deciso di sviluppare il suo approccio al ruolo di Hamsik, alla gestione del calciatore e del personaggio. Per noi sarebbe fondamentale che lavorasse guardando solo alla prima, dimenticando completamente la seconda. Farebbe il bene del Napoli, e forse anche dello stesso Hamsik.

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