Il mercato, il turn over, la forza della Juventus: il Napoli ha giocato un grande campionato, è ancora in corsa per il titolo. Non è ancora tempo di bilanci.
È sbagliato criticare
Cercare delle colpe in una squadra che ha già battuto i record straordinari stabiliti appena un anno fa, accusare società e giocatori che hanno raggiunto aritmeticamente la terza qualificazione di fila alla Champions League (e con ben 6 giornate d’anticipo), processare un allenatore che sta per chiudere un triennio personale mai visto a Napoli, è un esercizio barbaro.
Ma che in tanti, come ha sottolineato Vittorio Zambardino nel suo articolo sul “Il Napolista”, hanno già iniziato a fare con largo anticipo. Sarebbe come processare un tennista che perde in finale contro Federer, o come accusare di fallimento un centometrista che, pur battendo il record mondiale precedente, fosse arrivato dietro il miglior Usain Bolt.
Fatta questa doverosa premessa, capire se il Napoli potesse far meglio è un’altra cosa. Il leit motiv ricorrente tra tifosi, ambiente e opinionisti è quello delle campagne acquisti, quella estiva più quella di gennaio, capi d’accusa che riguardano direttamente presidente e società.
La qualità della Serie A
Parliamoci chiaro, il Napoli ha fatto una scelta. Trattenere tutti i suoi calciatori con rinnovi onerosi, e cercare così di far saltare il banco dello scudetto, è una decisione condivisibile se si pensa che costruire richiede molto più tempo. E il Napoli era già pronto per fare il massimo. Con tanto di imprimatur da parte dell’allenatore Maurizio Sarri.
L’arrivo di calciatori di standard superiore a quelli attuali era poco praticabile, sia per motivi economici che di appeal della Serie A. I top player ormai, più che venire in Italia, il nostro campionato lo lasciano. Il caso di Salah è emblematico. Francamente nessuno dei migliori calciatori delle prime cinque squadre di Serie A sarebbe stabilmente titolare nei top club europei, neanche i grandi campioni della Juventus. Società che, pur dominando in Italia, è ricorsa all’acquisto di calciatori che altri club europei di rilievo avevano messo ai margini, vedi Douglas Costa che da noi fa la differenza mentre in Bundesliga faceva spesso panchina. O come lo stesso Cuadrado, rispedito in Italia dopo una deludente parentesi in Premier.
Alla pari degli argentini Dybala ed Icardi, protagonisti in Serie A, ma a rischio di esclusione dai mondiali con la loro nazionale. Persino Higuain, pagato a peso d’oro, dopo le sue prestazioni opache in campo internazionale, a Russia 2018 potrebbe non partire titolare. Immaginare l’acquisto di top player superiori agli attuali titolari del Napoli, e soprattutto disponibili a vestire la maglia azzurra, risulta quindi alquanto difficile.
Verdi e Politano
Poi ci sarebbe il mercato di riparazione. Maurizio Sarri, che contrariamente al pensiero comune non subisce il mercato, ma ne è parte attiva (altrimenti non si spiegherebbero tutti gli ex calciatori dell’Empoli presenti in rosa), aveva richiesto un unico calciatore. Quel Simone Verdi, giocatore duttile che non gli avrebbe fatto perdere troppo tempo nell’assuefazione del suo gioco e dei suoi schemi. Purtroppo, di fronte alle offerte corpose del Napoli, il calciatore ha preferito non cambiare aria.
Il suo eventuale sostituito, Politano, era stato valutato dal Napoli ben oltre le sue stime di mercato. Ma nonostante ciò, il Sassuolo non ha neanche preso in considerazione l’offerta irrinunciabile di De Laurentiis. Per la vulgata c’era Marotta dietro il rifiuto di Carnevali, ed è molto probabile che fosse così. Di fatto però Politano si sta dimostrando la stampella a cui i neroverdi si stanno disperatamente aggrappando per evitare la retrocessione in Serie B, dando ragione a chi, dall’interno della società di Squinzi, ne aveva bloccato il trasferimento.
Ma la domanda chiave è un’altra. Quanti e quali giocatori eventualmente arrivati a gennaio avrebbero visto il campo? Ormai turnover è una parola tabù a Napoli. Le scelte di Sarri, frutto delle sue convinzioni e dei suoi allenamenti quotidiani, escludono rivoluzioni o sorprese. Lo stesso Milik ne è la dimostrazione. Sembra essere il calciatore più pronto a sostituire i titolari, eppure gioca al massimo 30 minuti. Quindi anche l’argomento “mercato di gennaio” assume le sembianze di pura aria fritta, inutile chiacchiericcio che non ha riscontri nella realtà quotidiana del Napoli di Sarri.
Non è ancora finita
Ma non è ancora tempo di bilanci. Il campionato non è ancora chiuso del tutto. Il pareggio di San Siro ha spostato le percentuali tra Juventus e Napoli da 60-40 a 70-30. Già prima della gara contro il Milan era tassativo vincere allo Juventus Stadium, oggi lo è uguale. La vera differenza è che oggi il Napoli non ha più bonus spendibili. Quota 96, sotto la quale diventa difficile ipotizzare il primo posto, potrà essere raggiunta solo con un filotto di sei vittorie su sei.
Nel frattempo la strada della Juventus, soprattutto alla luce della lotta Champions tra Roma, Lazio e Inter, resta viscida. Le trasferte contro le due squadre che hanno cambiato il recente destino del Napoli appaiono ancora rischiose per i bianconeri. Che, in caso di punteggio pieno del Napoli, dovranno vincere almeno una delle due sfide tra San Siro e Olimpico per non rischiare di andare sotto.
Come già scriveva Massimiliano Gallo alcune settimane fa, ricordiamoci lo scoramento e la depressione del finale del campionato 1989-90, in cui il Napoli, dopo essere rimasto per 25 giornate in testa, sembrò mollare tutto nelle ultime giornate, soprattutto per alcune clamorose occasioni buttate via con pareggi e sconfitte fuori programma.
Quello attuale è un campionato logorante, come lo fu quello del secondo scudetto. Oramai si combatte sui nervi, ed anche un singolo episodio può spostare gli equilibri, come quello di Milik al 92’ contro il Milan stava per dimostrare. Quindi tutti sul pezzo a partire da mercoledì sera, soprattutto per non avere rimpianti.