Corsera e Repubblica raccontano gli ultimi sviluppi societari e finanziari del Milan: il fallimento della società-salvadanaio di Li Yonghong e il sostegno (a termine) del fondo Elliott.
Repubblica e Corriere della Sera
La serenità del campo, l’ansia per la situazione finanziaria. Il momento del Milan ha una doppia faccia, vive su dinamiche opposte. La squadra di Gattuso è reduce da un filotto di vittorie in campionato, e nonostante l’eliminazione dall’Europa League sembra aver trovato il suo equilibrio. Cosa che non è riuscita a Li Yonghong, proprietario da un anno delle quote di maggioranza del club rossonero.
Basta leggere i quotidiani di questa mattina per rendersene conto. Repubblica parla di un Milan praticamente già passato nelle mani del fondo Elliott. Leggiamo: «La settimana prossima è previsto un consiglio di amministrazione nel quale verrà deliberato un nuovo aumento di capitale per l’Ac Milan. Ma a garantire i 35 milioni necessari per gestire nei prossimi mesi il club non arriveranno dai conti correnti di mister Li. A versarli sarà ancora una volta il fondo di investimento americano Elliott, lo stesso che con il suo prestito da 303 milioni ha già consentito al finanziere asiatico di chiudere l’acquisizione del Milan dalle mani della Fininvest di Silvio Berlusconi».
Un altro prestito
Il quotidiano romano spiega che la natura teorica di questo ulteriore finanziamento sarebbe quella del prestito. Allo stesso tempo, però, scrive così: «Il debito di Yonghong Li nei confronti del fondo americano è così destinato a salire oltre i 400 milioni (interessi e spese comprese). Ma non è tutto. Elliott ha già fatto sapere ai dirigenti rossoneri – e in primis all’amministratore delegato Marco Fassone – di essere disponibile a “supportare” il club anche nell’incontro che ai primi di aprile avrà con l’Uefa. Ovvero quando dovrà fornire le garanzie finanziarie necessarie per chiudere l’accordo sul settlement agreement. Uno scoglio da aggirare per potersi iscrivere alle competizioni europee per la prossima stagione. Anche se formalmente Li rimarrà il proprietario del Milan, quanto accadrà nei prossimi giorni ha un solo significato e una sola lettura possibile: di fatto, il club è già sotto la “tutela” di Elliott».
Gli scenari
Secondo Repubblica, questo impegno potrebbe essere momentaneo. «Non avendo intenzione di gestire a lungo il club, è più che probabile che la società verrà presto messa in vendita, lanciando una sorta di asta. Del resto, lo stesso Yonghong Li – con l’inizio dell’anno – aveva dato mandato per cercare un socio che lo sostenesse nell’investimento finanziario».
Anche perché la condizione finanziaria di mister Li non è che sia proprio florida. Il Corriere della Sera in edicola questa mattina continua a seguire la traccia delle aziende-salvadanaio legate all’attuale proprietario del Milan. Dopo il primo pezzo, ecco la seconda parte della storia. Che parte dalla sentenza del tribunale del popolo di Shenzhen: «Dichiarata fallita la Jie Ande sulla quale fino a ieri pendeva una richiesta di liquidazione per bancarotta da parte della Banca di Canton. La sentenza, secondo quanto emerso nelle ultime ore, ha spazzato via la gestione targata mister Li, responsabile del dissesto, e nominato con pieni poteri un avvocato dello studio legale Jindu di Pechino».
Cosa cambia per il Milan
Il problema non riguarda subito e direttamente il Milan, ma di certo la solidità patrimoniale e la credibilità del progetto “cinese”. Il Corsera scrive così degli effetti indiretti: «Dipendono dagli spazi di manovra del commissario e dalle norme cinesi. Cioè fino a che punto e a che livello può essere eventualmente “aggredito” il patrimonio di mister Li per soddisfare i creditori. Però è evidente che con un crac sulle spalle, la sentenza di un tribunale e altre banche “inchiodate” che pretendono risarcimenti, anche il più spregiudicato uomo d’affari faticherebbe ad accreditarsi su quel mercato. Eppure per il club è fondamentale fare business in Cina e farlo presto. Essenziale, in particolare, per chiudere il bilancio al 30 giugno. E dare continuità all’azienda Milan».
Il commento finale: «L’intera operazione Milan-Li, oggi che i nodi del passato vengono al pettine, appare dunque come un enorme azzardo finanziario. Se non messinscena. Un tentatico con scarsissimi contenuti e visione imprenditoriali. E il commissariamento della Jie Ande conferma quanto fosse “drogato” quel patrimonio dichiarato dal cinese, comprensivo di miniere e altre proprietà difficilmente individuabili o quantificabili o attribuibili».