Il commento di Paolo Condò sulla Gazzetta: «L’Olanda era una squadra vincente, ma la contrapposizione in realtà non esiste: per vincere, si deve giocare bene per forza».
Il commento sulla Gazzetta
Anche Paolo Condò si unisce al coro delle opinioni intorno al dibattito ideologico sul bel gioco, sul paragone di Maurizio Sarri tra il Napoli e l’Olanda 74. Il ragionamento dell’editorialista della Gazzetta, nella pagina dei commenti in rosa, parte da una destrutturazione storica: «Considerare sconfitta quella generazione di olandesi è fuorviante: se è vero che la nazionale perse due finali mondiali consecutive, ma condizionata dal fatto di giocarle entrambe contro i padroni di casa (colmo di sfortuna mai più capitata a nessuno), è altrettanto vero che fra il ‘70 e il ‘73 il Feyenoord (una volta) e l’Ajax (tre di fila) monopolizzarono un quadriennio di Coppe dei Campioni».
Da qui in poi, l’analisi torna ideologica. E si basa su un presupposto fondamentale: le caratteristiche di una squadra, e/o di chi la compone: «Le lodi generalizzate al gioco del Napoli, più che meritate, hanno innescato in Allegri e nell’intero ambiente juventino la reazione “Voi giocate bene, noi vinciamo”. Il che è assurdo, perché ricrea una contrapposizione filosofica che speravamo archiviata per sempre. All’interno delle rispettive caratteristiche, chi gioca bene vince e chi gioca male perde. Punto».
Il circo
La tirata d’orecchi è per tutti gli estremismi, a cominciare da quello dialettico di Allegri: «Quando dice “Chi vuole lo spettacolo vada al circo” Allegri manca di rispetto innanzitutto a se stesso e allo straordinario lavoro che in quattro anni l’ha portato a dominare ogni aspetto del gioco bianconero, tirando fuori capolavori di efficacia tattica – è il suo tipo di bellezza – come la vittoria al San Paolo. Molte delle parole spese sul tema appartengono a precise strategie di comunicazione. Avendo vissuto i grandi duelli dialettici fra Mourinho e Guardiola, decrittare Sarri e Allegri non è poi così difficile».
«A Napoli – prosegue Condò – hanno capito che la Juve patisce questa sorta di (presunta) “superiorità morale” e ci calcano la mano; a Torino la leggono invece come un tentativo di togliersi pressione e, definendo la vittoria l’unica cosa che conta, mirano a ricaricare la scimmia sulle spalle partenopee. Sono retoriche uguali e contrarie, a loro modo fanno parte dello show. Sarà interessante vedere se avranno risvolti sui rendimenti delle due squadre. Mind games, li chiamerebbe Sir Alex Ferguson».
Cultura
È una questione di contrapposizioni e differenziazioni che a Condò non vanno giù. E qui il giornalista della Gazzetta utilizza il miglior termine possibile in certe situazioni: cultura. Leggiamo: «Quando capita di intercettare in qualche intervista (ieri Skriniar, per esempio) la frase “Domenica non conta giocar bene, ma solo vincere”, il fastidio per un messaggio culturalmente sbagliato – ribadiamo che è una contrapposizione che non esiste – risulta insopportabile. Per vincere è importante, quasi imprescindibile, giocar bene. Semmai si può dibattere sul concetto di “giocar bene”. Ma come ogni cosa attinente il gusto la verità assoluta è un’illusione. Quest’anno Guardiola sta toccando al City vertici di calcio posizionale assoluti; ma il modo in cui Klopp l’ha battuto – col contropiede vertiginoso e ultraverticale del Liverpool – ha fatto saltare tutti sul divano. Beati i neutrali, che possono godersi il meglio delle due scuole».