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Come cambia il Napoli con il ritorno di Milik

È un possibile punto di svolta per la stagione del Napoli: Milik amplia le soluzioni offensive, ma lui e la squadra meritano il giusto approccio mentale a questa nuova condizione.

Come cambia il Napoli con il ritorno di Milik

Cinque mesi e un girone dopo

La notizia del giorno in chiave Napoli è della Gazzetta dello Sport. Insomma, dovremmo essere tutti pronti al ritorno di Arek Milik. Quel “tutti” identifica l’intero ambiente, forgiato dall’esperienza dello scorso anno e quindi non più ansioso per il recupero del centravanti polacco. Come dire: la doppia esperienza Mertens-Mario Rui (ovviamente, quando citiamo il terzino portoghese spostiamo la luce su Ghoulam) ci ha spiegato che il Napoli è in grado di fronteggiare l’assenza di alcuni calciatori, anche in caso di infortunio lungo. Al momento degli incidenti di Milik e Ghoulam erano stati celebrati dei funerali eccessivi, ed eccessivamente anticipati. Il Napoli ha risposto sul campo a queste avversità.

Il ritorno di Milik, però, non è una cosa laterale. Anzi, tutt’altro. Il rientro del centravanti polacco, cinque mesi e un girone esatto dopo (la nuova rottura del legamento è avvenuta in occasione di Spal-Napoli 2-3), rappresenta un possibile punto di svolta positivo nella stagione della squadra di Sarri. Il motivo è semplice: gli equilibri non si sposteranno, eppure il Napoli amplierà la varietà delle proprie soluzioni tattiche e tecniche.

Un centravanti diverso

Più che una questione di eventuale cambio modulo o di turn over, avere l’opzione-Milik permetterà al Napoli di spostare qualche pedina senza modificare la strategia di riferimento. Il gioco di Sarri è unitario e lineare. È codificato secondo principi chiari in tutte le zone del campo, ma si compone comunque di due fasi: la costruzione iniziale e lo sviluppo offensivo. Il primo meccanismo non dovrebbe essere intaccato, nel senso che il Napoli continuerà a cercare la costruzione del gioco partendo dal basso, sfrutterà la maggiore qualità della catena mancina, risalirà sempre il campo attraverso un possesso dinamico e così via.

È il secondo step che diventa diverso: la presenza di Milik garantisce una maggiore fisicità in area di rigore, amplia la possibilità di servizio dall’esterno, per esempio un cross alto può diventare molto più pericoloso rispetto al passato. Si tratta di pure caratteristiche fisiche e quindi anche tecniche: ieri scrivevamo che «la trasformazione di Mertens in centravanti abbia contribuito a rendere ancora più imprevedibile, perché offensivamente vario, il sistema di gioco del Napoli di Sarri». Vero, non ce lo rimangiamo. Ma è vero pure che una prima punta più classica, anche se non soprattutto a partita in corso, può rappresentare un’alternativa stuzzicante al gioco tecnico e rapido garantito dal tridente Callejon-Mertens-Insigne.

Quanto può incidere Milik

Insomma, il discorso su Milik è semplice quanto potenzialmente significativo. Il suo ritorno in campo consentirà a Sarri di variare, ma è difficile immaginare che il centravanti polacco possa recitare subito, o comunque fino a maggio, un ruolo da protagonista assoluto. Questione di condizione, del calciatore e della squadra. Il Napoli ha funzionato anche senza il contributo di Arek, ha trovato degli equilibri importanti tra fase offensiva e solidità difensiva. È complicato pensare che Sarri possa variare l’assetto iniziale per inserire Milik in maniera continuativa, soprattutto considerando che da qui a fine stagione il Napoli sarà impegnato in una sola partita a settimana. Ovviamente, a meno di una rimonta miracolosa a Lipsia.

Allo stesso modo, questo potrebbe permettere al tecnico del Napoli di lavorare in allenamento sulla variante più offensiva. Quella  con Milik e Mertens e Callejon e Insigne in campo contemporaneamente. Una possibilità che era stata pensata e coltivata ad inizio stagione, e che potrebbe essere riproposta in questo rush finale. Difficilmente dall’inizio di una partita qualsiasi, più probabilmente in caso di necessità, di risultato bloccato. Del resto, al netto del turn over europeo, era andata così anche tra agosto e settembre, fino all’infortunio di Milik.

Il giusto approccio

Ultimo punto: l’ansia del posto in squadra. Per Milik, purtroppo, questa è stata un’altra stagione fondamentalmente persa. Il suo mancato utilizzo da titolare, da qui a maggio, non deve rappresentare un caso, un prologo alle speculazioni del mercato estivo. Né tantomeno deve essere utilizzato come “punto da colpire” in caso di risultati negativi. Milik, da qui alla 38esima di campionato, rappresenterà un’integrazione, un’aggiunta per il Napoli. Una risorsa in più, non l’unico salvatore possibile della patria calcistica. Nel senso: in caso di pareggio inopinato o di sconfitta sanguinosa e decisiva, la sua assenza dal campo non potrà essere utilizzata come pretesto per la critica distruttiva.

Perché Arek è reduce dal secondo infortunio grave; perché la scelta obbligata di puntare su Mertens ha finora portato dividendi altissimi; e perché sarebbe (sarà, nel caso) ingiusto criticare un allenatore, e quindi il lavoro di una squadra, a causa di un giocatore non schierato dopo certe prestazioni. Dopo certi numeri, dopo certi risultati.

Il ritorno di Milik merita il giusto approccio alle cose. Lo stesso Milik si merita il giusto supporto, non una responsabilizzazione superiore alle sue possibilità del momento. E del futuro. Insomma, il Napoli ha praticamente fatto un nuovo acquisto. Ha integrato la rosa, numericamente e tatticamente. Solo che il giocatore appena arrivato è reduce da un passaggio lungo in infermeria, da un vero e proprio calvario. Merita il tempo giusto di riadattamento. E anche al Napoli è dovuto un periodo di ricollegamento mentale con la presenza di Milik. Del resto, nel frattempo la squadra di Sarri è stata prima in classifica. Può bastare, perché si continui a darle fiducia.

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