Il tecnico del Verona trova il Napoli al suo debutto in Serie A sulla panchina dei veneti. Allenamenti solo al mattino, il suo rapporto con Benitez.
Centro di gravità permanente
Non è tecnicamente un ritorno – sarebbe l’ennesimo – perché è il Verona ad ospitare il Napoli e non il contrario. Per l’esordio – se non contiamo la volta che contro il Cesena sostituì lo squalificato Benitez – in massima serie come allenatore di Pecchia il fato non poteva che scegliere Napoli: centro di gravità permanente, capitale di un mondo – il suo – fatto di talento educato, silenzioso tanto da passare quasi inosservato. Da calciatore prima e tecnico poi, l’amore tra Pecchia e Napoli è durato sette anni, considerando la vita media di chi fa questo mestiere non è poco.
Allenare comunicando
Quello di Pecchia è un calcio moderno, offensivo o come ama spesso definire “propositivo“. 4-3-3, 4-2-3-1 sono solo convenzioni numeriche pronte a cambiare all’occorrenza. Al singolo preferisce il gruppo, l’alchimia dello spogliatoio, microcosmo dove l’età riportata sulla carta d’identità non conta, contano quanti anni si dimostrano in campo. Ama “allenare comunicando” – questo il titolo della sua tesi per il patentino di allenatore professionista – mettere la testa prima delle gambe e diventare psicologo come fatto al suo arrivo al Verona con Pazzini: «Il lavoro dell’allenatore è anche psicologico. Tutti erano demoralizzati per la retrocessione, lui aveva anche avuto diversi infortuni (…) Quest’estate io e Fusco siamo andati a Montecatini a casa sua una sera a mezzanotte. Gli abbiamo detto: levati la maglia del Milan, dell’Inter, della Nazionale, metti la canottiera del muratore e facci vincere. E così ha fatto».
Sin prisa, pero sin pausa
Parafrasando Johan Cruijff, in uno dei capitoli della sua tesi (dove c’è spazio anche per Boskov, Zeman e Mourinho), sostiene che «La creatività non fa a pugni con la disciplina». E così, forte dell’esperienza all’estero al fianco di Benitez in Spagna prima e Inghilterra poi, propone per le squadre allenamenti solo al mattino e l’abolizione dei ritiri prima delle partite in casa. Riforme non solo teoriche ma pratiche, attuate in piccolo con il suo Verona già nella passata stagione e oggi contro il Napoli: niente ritiro per i suoi, direttamente al campo per la partita. Da quello che senza giri di parole definisce il suo maestro, Pecchia sembra aver ereditato non solo il credo calcistico ma anche il famoso: «Sin prisa, pero sin pausa».
[Le dichiarazioni di Fabio Pecchia sono tratte da: gianlucadimarzio.com e tggialloblu.it]