Le biografie stagionali: già l’anno scorso avevamo visto “il miglior Insigne di sempre”. Ora quel calciatore è persino cresciuto, nel gioco e nella testa.
Definizione
Abbiamo scritto tantissimi articoli, durante la stagione terminata un mese e mezzo fa, per celebrare il nuovo Insigne. Per definirlo, che in questo caso vuol dire tracciarne un ritratto in maniera definitiva. Parliamo di un top player assoluto? Di un campione di livello internazionale? Di un ex sottovalutato, di un attuale sopravvalutato?
Ecco, probabilmente Lorenzo Insigne edizione 2016/2017 è stato il miglior Insigne mai visto. Decisivo, determinante, bello a vedersi, efficace, utile anche in fase di non possesso. Tanta roba, tutta quella che serve, compattata in un calciatore che ha saputo reagire con professionalità a tutto quello che gli succedeva intorno. Forse, anzi sicuramente, proprio da qui e da questo è iniziata la sua rinascita. Udinese-Napoli 1-2, la doppietta e la presa di coscienza che il contratto e la stanchezza post-Europeo e l’ansia per la concorrenza con Mertens – poi svanita – erano dei freni con le pasticche destinate ad esaurirsi. Anzi, che si sarebbero esaurite più velocemente, più in fretta, se l’atteggiamento mentale fosse stato quello giusto.
Ha lavorato tanto, Insigne. Su sé stesso, soprattutto. Ha costruito un modo di giocare unico, inimitabile e funzionale, ci ha messo sopra una personalità sempre più convinta, consapevole, matura. Questa sua stagione è un viaggio condensato nella psiche e nella carriera di Insigne, dai primi approcci molli e svogliati a Sampdoria-Napoli. Un gol perfetto che ha chiuso un cerchio perfetto. Col tiro a giro, il marchio della casa. Non poteva suggellare in maniera migliore, Lorenzo, la sua stagione più grande.
I dati
Il miglior Insigne di sempre lo leggi nelle statistiche: 18 gol segnati, 9 assist vincenti, quindi un totale di 27 reti che arrivano grazie a una sua giocata risolutiva. Un numero mostruoso, che nutre l’asse con Callejon ma anche quella con il nuovo Mertens centravanti. Gol realizzati in tutti i modi, poi: quello perfetto di Genova che fa il paio con quelli realizzati contro la Fiorentina e contro il Sassuolo, i rigori realizzati dopo il blackout di Napoli-Besiktas, lo splendido sinistro a incrociare contro il Milan.
Insomma, un repertorio vasto, un campionario importante. Da accoppiare a 38 eventi difensivi, uno per partita di media. Gli stessi standard di Hamsik e Zielinski, che di mestiere fanno i centrocampisti e per definizione sono votati alla doppia fase. Eccolo, Insigne maturo e consapevole e soprattutto utile. Sarri, come l’anno scorso, alla fine ha scelto lui. Certo, era obbligato dalla contemporanea esplosione di Mertens prima punta, ma intanto Insigne cresceva ed era sempre più determinante col suo gioco di classe e ripiegamenti, di bellezza e di servizio.
Insigne ha inaugurato l’era del fantasista necessario, bello e funzionale: oltre i 9 assist, altre 57 occasioni create. Facendo un paio di calcoli veloci, Insigne ha costruito o concretizzato 2,2 palle gol nitide a partita. Una ogni 40 minuti, praticamente. Considerando l’inizio a rilento, eccovi servita e spiegata coi numeri una crescita così importante che quasi abbiamo paura a chiederci cosa possa esserci dopo. Perché è francamente difficile aspettarsi o anche solo pensare di descrivere un Insigne migliore di questo.
Le prospettive
Ecco, il discorso sul futuro di Insigne – di Lorenzo Insigne col contratto rinnovato – parte proprio da qui. Può crescere ancora? Questa sua perfezione formale e di contenuti è riproducibile? L’anno scorso avevamo già parlato del “miglior Insigne di sempre“, e non avevamo ancora visto niente. Scrivemmo così:
Il ragazzo deve crescere ancora nella testa, soprattutto dal punto di vista della fiducia in sé stesso che va al di là della giocata risolutiva. Ok che parliamo di un aspirante grande campione, di un appartenente a quella classe di giocatori che per elezione devono, in qualche modo, cercare sempre di essere decisivi. Però, soprattutto in un contesto armonico come quello del Napoli, servirebbe soprattutto un calciatore sempre pronto a essere decisivo anche insieme agli altri.
Ecco, tutto questo è avvenuto. Anzi, è andata ancora meglio: Insigne è stato decisivo insieme ai compagni, senza smarrire il gusto per la giocata estetica ma mai fine a se stessa (se non in rarissime occasioni, ma ci sta). La crescita nella testa è visibile, quella del calciatore è palpabile da anni. Può continuare? Può portare a quella che sarebbe un’eccellenza assoluta, tranquillamente da Premier di alto livello o anche da Liga, da Real e Barcellona? Sì, scriviamolo senza paura: Insigne di oggi è un calciatore che fa da riserva ad Hazard, a Messi, a Neymar, a Bale e Cristiano Ronaldo. E a pochi altri, oltre questi mostri qui. Già se “scendiamo” in Serie A, la situazione diventa complessa, perché Insigne si gioca il posto con Dybala e Douglas Costa. E con nessun altro, nel suo ruolo.
Beninteso: un altro anno così di Insigne sarebbe perfetto. Anzi, questo è l’auspicio: l’ultima crescita è la continuità ai massimi livelli, che passa anche dall’accettazione di un nuovo possibile dualismo con Mertens. Che fa l’attaccante, ma dovrà “vedersela” anche con Milik. Rotazioni, gestione del gruppo, dei possibili malumori. Per il resto, Insigne deve solo continuare. È arrivato a 10, si è meritato col lavoro il rinnovo e questa dimensione. Deve solo confermarsi. Di solito, purtroppo, è la parte più difficile.