Il rito scaramantico del Petisso che riuscì a guidare una squadra di giovani alla conquista del campionato, battendo il Cagliari di Gigi Riva
Cantò con il rosario a Sanremo
Domenica 12 gennaio 1969, tredicesima giornata di Serie A. La Fiorentina di Bruno Pesaola aggancia il Cagliari di Gigi Riva in testa alla classifica del campionato ma, a causa del successivo pareggio con il Varese, lascia il titolo d’inverno ai sardi. Niente male per una squadra partita con grosse incertezze finanziarie, formata da giovani sconosciuti e da mezzi assi mai del tutto esplosi.
Tra i 45 giri in commercio spopola “Che vuole questa musica stasera” cantata dal ventinovenne Peppino Gagliardi. Il brano, scelto poi come colonna sonora dei film “Plagio” (1969) di Sergio Capogna e “Profumo di donna” (1970) di Dino Risi, supererà il confine nazionale e arriverà fino in Giappone. Il cantante napoletano, molto apprezzato dai giovani per la ritmica d’impatto e l’interpretazione istintiva, diventò protagonista tre anni prima per aver cantato con un rosario in mano al Festival di Sanremo, dove partecipò con “Se tu non fossi qui” in coppia con Pat Boone. Il gesto, più folkloristico che religioso, troppo esagerato per gli anni sessanta, fece arrabbiare tutti compreso l’allora presentatore Mike Bongiorno.
Pesaola capì in estate che avrebbero vinto
Nel girone di ritorno, la favorita alla vittoria finale del campionato per tutti restava il Cagliari. Per tutti tranne uno: al Petisso, arrivato sulla panchina viola dal Napoli in cerca di rivincita, bastò vedere la sua squadra giocare un’amichevole estiva con il Grasshoppers per capire il potenziale di cui era dotata. Nella cortina di fumo delle sue innumerevoli sigarette, intravide in maniera così nitida il tricolore tanto da scommettere con la stampa: «Signori, ho capito una cosa: se con questa squadra noi non vinciamo lo scudetto divento frate. Frate trappista, sapete, i frati che fanno più penitenze degli altri».
Il 9 marzo del 1969 il Cagliari perse all’Amsicora contro la Juventus, e la Fiorentina – battuto il Lanerossi Vicenza – ne approfittò per prendere il comando della classifica, questa volta però in maniera definitiva. Due mesi più tardi, domenica 11 maggio 1969, battendo a domicilio la vecchia signora, i viola si laurearono per la seconda volta nella loro storia campioni d’Italia.
Le parole di De Sisti
Un miracolo calcistico frutto della visionaria pazzia di quel napoletano di Buenos Aires. Uno psicologo in tuta e scarpini che costruì la vittoria partendo dalla mente di quei ragazzi: «Non c’erano le premesse per fare un campionato da scudetto – ricorda De Sisti – il lavoro fatto nella nostra testa da Pesaola fu decisivo, ci convinse che i giovani potevano essere primi attori se ne avessero avuto la convinzione».
Senza “Settembre” non si andava in campo
Oltre alle mani di Superchi, il cervello di De Sisti, la genialità di Merlo e l’estro verdeoro di Amarildo, in quella vittoria c’era anche l’ugola di Peppino Gagliardi: la Fiorentina giocava a Roma la prima giornata dell’annata dello scudetto. Nel pullman che portava alla stadio, Pesaola fece ascoltare la canzone “Settembre” di Peppino Gagliardi, di cui era fan, amico, e un poco gli somigliava pure. La squadra vinse per 1 a 2 e così, quel testo che parlava di un amore e di un’estate che stava per finire, diventò il portafortuna della stagione, un rito che non poteva assolutamente mancare: «Non passava domenica che sul pullman non venisse suonata. – dice Esposito, l’altro napoletano presente in rosa – Addirittura una volta prima di giocare a Brescia, il mister si era scordato il disco a casa. Praticamente un dramma, e allora mandò uno di noi a comprarlo in un negozio…»
[Le dichiarazioni di Pesaola sono tratte da solocalcio.com, quelle di De Sisti da violanews.com e quelle di Esposito da firenzeviola.it]