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Buriani: «Il Napoli mi licenziò con una lettera, nemmeno una telefonata»

L’ex centrocampista alla Gazzetta subì la frattura di tibia e perone: «Nemmeno una telefonata, mi trattarono come un reietto. Maradona è stato il più grande che abbia mai visto»

Buriani: «Il Napoli mi licenziò con una lettera, nemmeno una telefonata»
Buriani, di spalle, con la maglia del Napoli contro la Roma di Ancelotti (tratta da almanaccogiallorosso.it)

L’intervento di Mandorlini

Per la rubrica “carriere spezzate”, la Gazzetta intervista Ruben Buriani centrocampista di Milan, Roma e del Napoli di Maradona. Pochi mesi con gli azzurri nella stagione 1985-86. Cinque presenze in campionato. L’ultima, maledetta, a San Siro contro l’Inter. Era il 10 novembre 1985. Finì 1-1 e soprattutto chiuse di fatto la carriera di Buriani cui Mandorlini ruppe tibia e perone con una intervento violentissimo. Buriani racconta la vicenda alla Gazzetta.

«Licenziato in tronco. Non ero in grado di allenarmi dopo l’infortunio e il club aveva facoltà di stracciare il contratto. Glielo consentivano le regole: dopo 6 mesi e un giorno se non eri guarito ti ritrovavi a spasso. Assurdo, la gamba me l’avevano spezzata mentre indossavo la maglia del Napoli, contro l’Inter a San Siro. Eppure mi hanno trattato da reietto. Neanche una telefonata. Solo allora ho aperto gli occhi».

Le accuse di Buriani al Napoli sulla Gazzetta dello sport

Buriani racconta anche un particolare inedito di quella vicenda:

A Pavia, dove andai per curarmi di concerto col club, mi volevano operare con metodi innovativi. Il Napoli si oppose. Risultato: un bel gesso fino all’anca che portai per settimane. Quando fu rimosso, avevo perso tutta la muscolatura e il recupero si allungò. Nessuno mi convocò a Napoli per discutere del problema. Potevamo trovare un accordo. Ecco perché quella lettera è ancora una ferita aperta.

Maradona

Di Maradona dice: «È stato il più grande che abbia mai visto: aveva solo il sinistro, ma faceva cose impossibili. E poi era forte, non riuscivi a buttarlo giù. E per i compagni si faceva in quattro. Davvero unico. A Milano è venuto a trovarmi il giorno dopo l’infortunio, da allora mai più visto. È stato un intervento duro, ma il licenziamento del Napoli mi ha fatto più male».

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