Al sud la mortadella piace più che al nord. I dati sul consumo di insaccato in Italia li ha forniti un po’ di tempo fa il Consorzio Mortadella Bologna, per il quale al nord il 47% degli italiani usa la mortadella come ingrediente, al centro il 50% e al sud ben il 52,5%.
Sarà per questo che a Napoli è nato il take away “I love murtadell”, un piccolo punto ristoro nella zona universitaria, dedicato al prodotto bolognese seppur con varianti campane grazie, per esempio, all’aggiunta di friarielli nel panino. Un legame antico, quello tra Napoli e la mortadella, basta pensare che il nostro Gennaro Esposito, nostro nel senso di campano, chef stellato di fama internazionale che ha creato tra le altre cose la kermesse “Festa a Vico”, qualche anno fa ha realizzato un suo panino d’autore a base di mortadella. E poi quando ci riferiamo alla classica marenna, quella che ci gustiamo nella pausa pranzo, seduti ‘ncopp’o siggiulino d’ ‘o mezzo davanti alla salumeria, tenuta stretta in una mano mentre nell’altra solleviamo una Peroni ghiacciata, cosa ci viene in mente? Due su tre rispondono: panino, mortadella e provolone. E se il piccante o semipiccante è della azienda casearia che fu fondata a San Giuseppe Vesuviano nel lontano 1877, l’unione è compiuta e perfetta.
Vedete, quello che cerco di dire è che il calcio non dovrebbe dividere ciò che la tavola, la fame, il gusto hanno unito e uniscono. Un affiatamento che ha ispirato addirittura un’ode. In pochi la conosceranno, ho faticato a trovarla, ma più di ogni altra spiegazione riesce a raffigurare il rapporto che il nostro popolo ha con un alimento rappresentativo di un altro territorio e di un’altra area geografica, un rapporto viscerale fatto di passioni travolgenti consumate a bocconi untuosi: “Si comme ‘a murtadella”, canta Nunzia Ferri. Pure su Youtube.
E chest’è. Edamus, bibamus, gaudeamus! E sempre forza Napoli!