Lì, nel freddo al di sotto delle Alpi, ho visto bene le facce dei nostri amati ragazzi dopo il gol, incruduli e incapaci anche solo di immaginare una reazione a un minuto dalla fine.
Li avevamo pressati ben bene come sardine nella loro metà campo, raramente avevamo fatto loro toccare la palla… eppure erano lì, a trionfare in quello stadio dall’anima sinistra e maligna… loro a cantare “’O surdato Nnammurato” come in autocertificazione di assenza di una qualsiasi tradizione musicale.
Vincono. Vincono perché sono più forti. Vincono perché sono abituati a vincere. Vincono perché hanno culo. Vincono perché la vittoria è una donna dagli approcci sbrigativi e noi siamo troppo romantici. Vincono vattelapesca. Ma vincono sempre.
FENOMENOLOGIA DEL DRUGO
Operai, metalmeccanici, gente che passa dieci ore al giorno in un fiorino o alla catena di montaggio, gente abituata ad obbedire e a chinare la testa, che nel calcio non vede un sogno o, forse è vero per alcuni di noi, la rivincita di un popolo troppo spesso calpestato.
Lavorano ma stanno male.
Questi vengono alla partita per sfogare la repressione di una vita grigia nel freddo ad avvitare bulloni, lo capisci nei loro sfoghi senza ironia e senza allegria…
Rabbia pura. Eugenetica calcistica.
E stamattina l’amico juventino pure sfotteva….
Gli ho dedicato un epigramma, lui che pure è scrittore, forse avrà capito.
Drugo
Drugo,
violenza e foga,
se spremi il sugo,
Fantozzi Ugo…
Raffaele Lubrano